La stretta al Superbonus annunciata dalla premier Giorgia Meloni è confermata dal decreto Aiuti quater pubblicato sabato in Gazzetta ufficiale. Rientrano in corsa le villette, che continueranno a usufruire del maxi sgravio del 110% per tutto il 2023 se i proprietari hanno realizzato il 30% dei lavori entro il 30 settembre 2022 mentre godranno di una detrazione del 90% fino a fine 2023 se non rispettano quel requisito ma hanno un “reddito di riferimento” inferiore ai 15mila euro. Per questi ultimi arriva un fondo da 20 milioni di euro da cui si attingerà per riconoscere loro un contributo aggiuntivo (ancora da determinare). Per quanto riguarda i condomíni, la detrazione al 110 resta solo se “alla data del 25 novembre 2022 risulti effettuata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA)” e “la delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori risulti adottata in data antecedente al 25 novembre”. Arriva anche un compromesso per sciogliere il nodo dei crediti di imposta non utilizzati: ci sarà la possibilità di fruirli in “10 rate annuali di pari importo”. Una misura che non risolve i problemi, secondo l’Ance.

Il reddito di riferimento che verrà utilizzato come soglia per stabilire se un nucleo ha diritto al bonus per la propria casa unifamiliare non sarà l’Isee bensì il reddito famigliare calcolato “dividendo la somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, dal soggetto legato da unione civile o convivente se presente nel suo nucleo familiare, e dai familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato da unione
civile (…) per un numero di parti determinato secondo la Tabella 1-bis”: il totale dei redditi andrà diviso per uno se c’è un solo componente e due se c’è un coniuge o un convivente. In caso di presenza di uno, due oppure tre o più ulteriori membri si aggiungerà al “peso” di 1 attribuito al primo componente un coefficiente di 0,5, 1 e 2 rispettivamente.

I crediti “derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati, possono essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo” al posto dell’originaria rateazione, previo l’invio di una comunicazione all’Agenzia. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno “non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso”. Secondo la presidente dell’Ance Francesca Brancaccio, “purtroppo questo allungamento a 10 anni, che noi prendiamo come uno sforzo del governo che ha voluto dare una mano per lo sblocco dei cassetti fiscali, servirà a ben poco” perché “la banca che ha già comprato pagando un utilizzo in 5 anni, certamente non se lo porta a 10″, mentre per le imprese “il problema è che che se anche hanno capienza fiscale, la liquidità dove la prendono? Non è che puoi reggere senza monetizzare. Con l’Abi avevamo fatto una proposta perché la situazione è realmente critica e quella è la misura che può sbloccare. Siamo molto preoccupati. Pensiamo che si bloccherà tutto”. Brancaccio avverte che questa misura “creerà contenziosi“.

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