Il rosso è differente. Il rosso è unicità. È vita, sangue e morte. È passione. È amore. È un rimedio assoluto per la tristezza e una luce nell’oscurità. È personalità. È assoluto come il bianco e il nero. Puro e prezioso nelle sue mille sfaccettature come un diamante. Non è solo passione, di più. È attrazione ed attenzione. Per questo ha catturato subito lo sguardo penetrante di un giovane Valentino Garavani, ancora studente, tra la moltitudine degli spettatori dell’Opera di Barcellona: “Ho visto questa donna con i capelli grigi in uno dei palchi. Era molto bella, vestita di velluto rosso dalla testa ai piedi – raccontò una volta lo stilista -. Tra tutti i colori indossati dalle altre donne, lei spiccava, era unica, isolata nel suo splendore. Non l’ho mai dimenticata. Per me è diventata la dea rossa”. Bastò un fugace sguardo a Valentino per imprimere per sempre nella mente l’immagine di quella conturbante donna dal vestito di velluto rosso. Quel suo vestire di rosso non era performativo, né volgare né tantomeno un vezzo per richiamare l’attenzione degli altri. Lei era “isolata nel suo splendore” e irradiava un’aura di specialità. Da questa suggestione Valentino ne fece la sua musa. È a lei infatti che il couturier pensa quando nel 1957 a Roma inizia a creare la sua prima collezione di moda: “La donna Valentino sarà vestita di rosso”, disse. L’intuizione è lucida e geniale: così come l’allure della “dea rossa” si è impresso nei suoi pensieri, allo stesso modo, quel colore e quell’ideale di femminilità sofisticata e personale avrebbe potuto conquistare il pubblico. È così che il rosso divenne il colore emblema della Maison, nella particolare tinta da lui ideata: non un rosso ciliegia, non un corallo, non è scarlatto e nemmeno porpora. È un rosso purissimo, intenso e morbido, ottenuto grazie al solo pigmento in tutta la sua brillantezza. Un mix di sfumature lacca, cremisi e geranio. Il primo abito rosso creato da Mr. Valentino venne rivelato alle 11:00 del 28 febbraio 1959, durante la sua primissima presentazione: si chiamava “Fiesta” ed era un capolavoro sartoriale di tulle lavorato a comporre delle rose sulla gonna. Proprio quel rosso gli conferiva la sua modernità, creando un paesaggio ammaliante. Fu un successo. E quel colore si impresse per sempre nell’immaginario comune, confermando la geniale intuizione di Garavani. Il quale, da allora, gli ha dedicato tutta la vita, arrivando a declinarlo in infinite varianti.
È stato il suo erede, Pierpaolo Piccioli, attuale direttore creativo di Maison Valentino, a volerle identificare e catalogare. La domanda iniziale è stata: quante sfumature di Rosso Valentino sono presenti nell’archivio dell’atelier? La risposta è più di 550 tavolozze diverse solo all’interno delle creazioni couture. E così ha deciso di lasciare un segno di questo suo studio nell’ambito del processo interiore e pratico di risignificazione dei codici della Maison, di ricerca continua della connessione tra il passato e il presente. Quel segno è il libro couture intitolato Valentino Rosso, (Assouline, a cura del giornalista di moda Charlie Porter). Un volume imponente e maestoso, importante anche nel peso (sono circa quattro chili per 304 pagine), che come afferma il designer “non deve essere visto come una retrospettiva e neanche come una celebrazione. È semplicemente il nostro modo di lavorare. Nasce dall’urgenza di rafforzare il rapporto tra il colore rosso e la Maison. L’archivio Valentino è un ecosistema vivo in cui tutti i nostri tesori sono pronti a raccontare le loro storie quando vengono interrogati. Questa volta volevamo sapere quanti abiti rossi abbiamo, quanto il Rosso Valentino sia presente in tutte le nostre creazioni. Questo libro è una risposta a tale domanda”. Di più: è una tappa essenziale della narrativa della Maison nel percorso di proiezione nella contemporaneità, sinonimo della sua storia gloriosa e dell’identità estetica. Un’opera unica, che nella sua prima versione originale è stata realizzata interamente a mano in atelier, con un filo del tessuto di ciascuno dei 180 capi ritratti cucito letteralmente dalle sarte del brand a piè di pagina. Un capolavoro di maestria e savoir fair in mostra a Doha nell’ambito di “Forever Valentino” (ve ne abbiamo parlato qui).
La versione in commercio – disponibile in selezionate boutique nelle città di Milano, Roma, Parigi e Londra – è rilegata in seta finissima ed è una summa dell’archivio Valentino, uno degli archivi della moda conservati più metodicamente. All’interno vi sono infatti 200 illustrazioni con alcuni dei capi più iconici di questi cinquant’anni di storia del brand: dai leggendari abiti in seta e dalle creazioni di Haute Couture in chiffon simbolo della “Dolce Vita” alle slingback “Rockstud” in nappa e alle cinture con fibbia VLogo Signature e finitura in ottone anticato. Non un semplice catalogo ragionato, ma un vero viaggio che esplora la personalità dell’iconico Rosso Valentino attraverso i decenni, attraverso una narrazione che persegue l’evoluzione del colore iconico dalle radici della Maison fino alla visione creativa di Pierpaolo Piccioli con l’ideazione concettuale di Valentino Pink PP. È una storia di maestria artigianale, di amore per la moda e per il proprio lavoro. In Rosso Valentino sono racchiuse tutte quelle specifiche declinazioni di questa tinta che riflettono il messaggio di inclusività della Maison: ognuna di esse rappresenta infatti un’identità e un’anima unica, proprio come quelle racchiuse in ogni essere umano. È una bellezza ideale e fuori dal tempo, ma proprio per questo quantomai presente e concreta: è l’idea che detta il metodo a Piccioli. A lui che ha voluto esplorare tutte le sfumature del colore iconico della Maison per arrivare alla concezione del suo Pink PP. Perché i significati del rosso sono profondi e radicati nella storia dell’umanità. La comprensione dell’abbigliamento di questo colore non è ancora completa. E la varietà di emozioni e reazioni che suscita in ogni essere umano a seconda del momento e del contesto ci dice che il rosso è prima di tutto un costrutto sociale e ciò che noi proviamo tramite esso è la conseguenza del nostro essere individui calati in quella data società.