Politicamente scorretto, libero, schietto e genuino. Zucchero presenta i due concerti-evento per i 40 anni di carriera e commenta anche il nuovo governo: "Hanno già mandato qualche segnalino strano tipo quello del decreto contro il rave..."
Politicamente scorretto (“mi faccio pure dei danni da solo”), libero, schietto e genuino. Incontrare Zucchero è parlare senza filtri e con onestà ormai rari. L’occasione è stata la presentazione alla RCF Arena di Reggio Emilia (Campovolo) di due concerti-evento, “Diavolo in Re”, previsti per venerdì e sabato 9 e 10 giugno 2023, per i suoi 40 anni di carriera. La location sarà realizzata ad hoc a forma di diamante (per omaggiare una delle canzoni più belle di Zucchero) con una pendenza del 5% per garantire una visuale e un’acustica ottima e ci saranno settori con posti a sedere. Attese per ognuna delle due serate 35mila persone. Il boulevard della RCF Arena sarà allestito in modo che i fan possano vivere un’esperienza all’interno del “mondo di Zucchero”, ripercorrendo la sua carriera con mostre fotografiche e memorabilia, attività legate al mondo e alla storia dell’artista.
“È un vero onore e piacere suonare nell’Arena più grande d’Europa. Per me questo è un ritorno alle mie radici e lo definisco il concerto dell’amore”, ha esordito l’artista che presenterà in scaletta 40 anni della sua carriera discografica, mentre le immagini live saranno immortalate dalle telecamere. Probabilmente ne nascerà uno speciale televisivo sulle reti generaliste o piattaforme in streaming. Non c’è in previsione nessun disco anche perché l’artista sarà impegnato dopo febbraio al recupero delle date internazionali, slittate a causa delle pandemia. “Potrebbe uscire qualche singolo o qualcosa di suonato in maniera nuova”, ha aggiunto sibillino. Il pensiero – calendario alla mano – va subito al Festival di Sanremo 2023. “No un momento, non mi hanno invitato. Nemmeno in gara. Pure Guccini mi aveva detto che non avevano preso una sua canzone. Questa direzione non mi vuole e penso sia un Festival che serva per fare audience. Direi che è diventato il Festival degli influencer!”.
Cosa rappresenta per lei Reggio Emilia?
Le mie radici e le mie origini. A 11 anni i miei genitori mi hanno portato via e questa cosa qui mi ha sempre fatto soffrire, non l’ho mai completamente elaborato questo allontanamento. Quindi c’è un attaccamento viscerale a queste terre. Amo anche il modus vivendi di questa popolazione perché erano tempi duri, ma c’era solidarietà, tutti pronti per un abbraccio collettivo e la gente era molto più genuina. Soprattutto ho sempre trovato, a differenza degli altri posti, un senso di ironia e sarcasmo che mi fanno ridere e star bene.
Quanto di tutto questo l’ha influenzata?
Direi in tutto. In questo senso nonostante pensino, in molti, che io sia burbero e spigoloso, non sono politicamente corretto e mi faccio dei danni da solo. Però la mia parte fanciullesca e naif è quella che mi salva e mi ‘frega’, se no sarei nato un rivoluzionario.
Dal passato al presente. Come vede la situazione sociale e politica attuale?
Ultimamente siamo messi male. Le abbiamo provate tutte e stiamo anche provando questo (il governo di centrodestra; ndr) . Hanno già mandato qualche segnalino strano tipo quello del decreto contro il rave e li ho detto ‘non è che adesso non si possono più fare le Feste dell’Unità?’ (scoppia ridere; ndr). Io faccio il mio mestiere vado avanti lo stesso basta che non rompano i coglioni. Il popolo ha deciso così. Siamo in democrazia e il mondo sta andando verso la direzione basica, non ha più voglia di reagire andare contro qualcosa o qualcuno e combattere le rivoluzioni. Tutti si accontentano.
Qual è il suo stato d’animo?
Sono un po’ disilluso perché, appunto, non c’è stata alcuna reazione.
Cosa ne pensa della rincorsa di alcuni artisti agli stadi?
Il pubblico è diventato molto più basico rispetto a qualche anno fa. Oggi vanno agli stadi per la bellezza, per vedere l’artista bello, il ragazzotto cool. Questa cosa non la capisco. Io andavo a vedere Bob Marley, Springsteen e gli U2. Nemmeno i Genesis si potevano permettere di fare gli stadi. Oggi è tutto cambiato. Io li evito anche perché potrei non riempirli. Mi trovo bene in una Arena, bella dove mi sento abbracciato e dove riesco a vedere più o meno tutti.
Ricorda il suo primo vero concerto?
Certo. Era il mio primo Festival di Sanremo. Pensavo ‘la svolta!’. C’è un ingaggio in una discoteca per due show al pomeriggio e alla sera. Con la band pensavamo di aver svoltato. Basta balere. C’era solo uno spettatore. Ho suonato e cantato per lui. Il proprietario avrebbe voluto evitare cantassi di sera, ma mi servivano i soldini quindi gli dissi, un po’ bluffando e impuntandomi: ‘Io sono un professionista quindi canto per una o mille persone!’ (ride, ndr).
C’è qualcosa che non rifarebbe più?
Sempre all’epoca del primo Festival di Sanremo gestito da Ravera, mi dissero di andare al paese di Clemente Mastella, a Ceppaloni, per suonare. Era un lasciapassare per andare al Festival. Ricordo che c’era il fior fiore del rock italiano: da Cristian a i Ricchi e Poveri! Mai più.