Cara professoressa,

L’altra sera ero a casa di amici e abbiamo parlato a lungo di lei. Immagino che non se lo sarebbe mai immaginato che un venerdì sera un maestro, due genitori, un suo collega e due giovani le dedicassero del tempo, ma quel “1,5” spuntato sul telefonino del mio amico, papà del suo alunno, non ci ha lasciati indifferenti. Forse avrà lasciato indifferente lei che venerdì sera avrà trascorso la serata al cinema, a cena, a teatro, davanti alla tv con suo marito, incurante che quel “1,5” potesse suscitare qualche domanda. A me ne ha provocate tante.

Non le bastava scrivere un bel “quattro” sulla verifica di matematica di questo ragazzo? Lo storico “quattro” da sempre sinonimo di una scarsa preparazione, di una mancata acquisizione degli obiettivi, non le bastava per esprimere al suo studente la necessità di darsi da fare di più? Ha scritto “1,5” forse perché ha fatto un meticoloso lavoro di percentuali nell’andare a correggere la verifica? A quel punto capisco che se la scuola per lei è algebra e quantità, non può certo derogare a questo suo compito. Ma chi le ha dato questa missione? Chi le ha detto di insegnare così, di valutare così?

Ma andiamo oltre. Come pensa che si sia sentito (sempre che le interessi) il suo studente quando ha visto quel 1,5 sul registro? Un fallito? Un prode conquistatore di un undici per recuperare l’1,5? Un rassegnato? E ora, cosa pensa di fare con Carletto? Ha pensato ad una strategia per fargli capire meglio la sua disciplina? Ha ideato un percorso per lui? Ma poi mi dica una cosa, cara professoressa: e se fosse lei a non aver spiegato bene la lezione? E’ proprio tutta colpa di Carletto? E se così fosse, ovvero che il suo studente non studia, si è mai chiesta il perché?

Mi torna il mente il suo “1,5”. Ma perché, a questo punto, non iniziare a dare i -1; – 2; – 3? Mi dica la verità, cara professoressa: era contenta quando ha scritto sul registro quel numero? Cosa ha provato dentro di sé? Mi perdoni, ma mi interessa parlare delle sue emozioni nel dare quel voto. Si è sentita una docente perfetta? Ha capito che solo così avrebbe educato? L’altra sera ho persino raccontato questa storia a un mio amico, noto pedagogista, e mi ha detto: “E’ una vessazione esibizionistica”. La prego, mi smentica perché altrimenti continuerò a pensare che la scuola è davvero morta.

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