Tra gli effetti collaterali gravissimi della pandemia di Covid c’è stato e in alcuni casi c’è ancora il ritardo nelle diagnosi di cancro, con il risultato che, nel caso del tumore al colon, si è assistito a un aumento fino al 20% delle diagnosi di tumore in fase avanzata e del 32% in forma più aggressiva. È quanto emerge da uno studio condotto in 81 centri italiani e pubblicato su Jama Network Open (Journal of the American Medical Association). “Negli ultimi 2 anni, i sistemi sanitari hanno registrato un rallentamento senza precedenti nelle procedure oncologiche in tutto il mondo, a causa di una riduzione dei percorsi dedicati e dei programmi di screening – scrivono i ricercatori – Inoltre, i pazienti sono stati riluttanti a cercare assistenza medica per gli stessi sintomi che, prima della pandemia, avrebbero portato a un appuntamento con il proprio medico di base o in ospedale”.

Il team ha misurato le ripercussioni di questi fenomeni confrontando le caratteristiche del tumore di quasi 18mila persone operate per un cancro al colon tra marzo 2020 e dicembre 2021 con quelle di 31mila persone operate tra gennaio 2018 e febbraio 2020. Rispetto al periodo pre-Covid, i tumori riscontrati durante la pandemia erano caratterizzati da una fase più avanzata e da caratteristiche più aggressive. In particolare, secondo lo studio, le diagnosi al tempo di Covid avevano un 7% di probabilità in più di essere in stadio avanzato e un 20% di essere in stadio 4 (quello più avanzato); un 10% in più di presentare metastasi, il 32% di riscontrare tumori con caratteristiche biologiche più aggressive, il 15% di presentare stenosi maligne. Inoltre, è stato osservato un 15% di rischio in più di necessitare di un intervento chirurgico urgente e un rischio altrettanto alto di un intervento chirurgico a fini palliativi, cioè non curativi. Tutto ciò “può indicare una potenziale riduzione della sopravvivenza per questi pazienti”, concludono i ricercatori.

Lo studio

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