Negli ultimi mesi la Reggia di Venaria ha aperto le porte ai videogiochi, ormai riconosciuti universalmente come una forma d’arte; la mostra Play-videogame arte e oltre ha fatto da cornice ad una performance dal vivo dell‘illustratore e character designer Yoshitaka Amano, artista di culto per chi è appassionato di videogiochi ( ha lavorato ad ogni capitolo di Final Fantasy) e di comics, dove ha collaborato con Neil Gaiman per Sandman, opera da cui qualche mese fa Netflix ha prodotto una serie; dopo qualche domanda di rito Amano ha realizzato tre disegni esclusivi per i partecipanti all’evento, per poi dedicarsi a un lunghissimo firmacopie che ha dimostrato l’enorme affetto degli appassionati italiani nei confronti del maestro giapponese; abbiamo avuto la possibilità di poter incontrare il Maestro Amano tra i muri della reggia di Venaria, dove gli abbiamo fatto alcune domande sul suo lavoro e sulla sua arte:
Un giovanissimo character designer che parte dai primi lavori della Tatsunoko per poi spostarsi sul mondo videoludico dove viene conosciuto nel mondo principalmente per i suoi lavori sulla serie Final Fantasy. Il suo percorso di formazione così vario l’ha portata ad essere un artista riconosciuto a livello internazionale. Il suo tratto è immediatamente riconoscibile come “Opera di Amano San”. Ma in ambiente videoludico bisogna attenersi a determinate regole, che spesso derivano dai limiti della tecnologia in uso. Come ha affrontato nel corso degli anni, queste regole e questi limiti, se presenti?
Per me non c’è mai stata questa differenza. Io disegnavo e disegno ciò che preferisco. E il soggetto a volte è un’opera da illustratore, a volte viene utilizzata dai grafici in un videogioco. Ma per me non cambia l’approccio all’arte. L’unica differenza quindi è che la mia opera di character design per un Final Fantasy ad esempio, passando più volte dalle mani dei grafici, viene modificata per sottostare ai limiti della tecnologia e quindi arriva al pubblico modificata rispetto all’origine, mentre per le copertine, ad esempio, non era così.
Riguardo a questo, in passato appunto la difficoltà e il limite era per i grafici quello di tramutare le opere del Maestro Amano in pixel art. Ma adesso, come abbiamo visto nei recenti Dissidia o in Final Fantasy XIV, il Guerriero della Luce, protagonista delle illustrazioni del primo Final Fantasy, ha finalmente lo stesso aspetto di come lo aveva illustrato lei. Mi chiedevo quindi cosa ha provato quando il design di un personaggio che a suo tempo non è stato utilizzato, ora è diventato l’icona della saga?
Finalmente la tecnologia mi ha raggiunto! (ride) In realtà, non solo nel mercato videoludico ma in generale artisti e tecnologia devono evolversi insieme. La cosa più importante comunque è che i giocatori si divertano, e questo è un compito che non deve gravare solo sulla tecnologia usata. A mio avviso spetta anche all’illustratore divertirsi e far divertire i giocatori con la sua arte.
In Square Enix da qualche anno lavora un illustratore italiano di nome Roberto Ferrari. Ha realizzato il character design di personaggi come Ardyn in Final Fantasy XV, e sta attualmente lavorando sul progetto Remake. Come lei ha anche lui iniziato in Tatsunoko, lavorando ai remake delle opere nate sotto la sua impronta artistica, per poi lavorare in seguito su Final Fantasy, quindi nel mondo dei videogiochi. Mi chiedevo se lo avesse mai incontrato, e se questo passare da animazione a videogiochi fosse il tipico percorso lavorativo in Giappone per un’illustratore, o se semplicemente le vostre strade così simili sono una casualità?
Ah sì, so chi è! Purtroppo non l’ho mai conosciuto ma ne ho sentito parlare, deve essere un artista molto talentuoso. É davvero buffo che il nostro percorso iniziale in questa industria sia così simile. In Giappone è normale passare dall’industria dell’animazione a quella videoludica e viceversa, per un illustratore, ma questa coincidenza è davvero interessante (ride).
Lei personalmente sente di essere cresciuto come artista lavorando per colossi come Tatsunoko e Square, evolvendo quindi via via il suo stile per venire incontro alle esigenze del momento, modificando magari quello che invece sarebbe stato il suo stile di quel periodo?
Beh, sì. Devo tutto a coloro che mi hanno dato fiducia permettendomi di lavorare e crescere come artista facendo ciò che mi piace.
Il mio stile è sempre stato in costante evoluzione, lo è ancora oggi, infatti mi capita spesso di rivedere dei miei lavori anche solo di un anno fa e pensare “adesso non lo farei così”. Perfino l’uso dei colori ho notato essere diverso in base alle stagioni, ad esempio d’inverno uso colori caldi, mentre in estate tendo ad utilizzare colori più freschi. Quindi sì, il mio stile si evolve in base al periodo, ma non è mai successo per via di particolari esigenze lavorative. Forse mancava un colore e quindi non l’ho usato.. quello potrebbe essere successo (ride).
Negli anni ha lavorato piú volte con artisti americani per illustrare le loro opere. Com’è stato lavorare con Neil Gaiman su Sandman? Mi chiedevo inoltre se tornerà a prestare la sua arte a Sogno e gli Eterni?
É stato estremamente interessante e divertente lavorare con artisti americani e con Neil Gaiman! Una collaborazione che mi è piaciuta moltissimo e che si ripeterà nel prossimo futuro, ma di questo non posso ancora parlare. Vedrete di cosa si tratta in futuro.
Non vediamo l’ora. Sono opere meravigliose.
Ah, Grazie. Grazie mille davvero.
Nella serie Final Fantasy, ci sono stati dei personaggi in particolare che ha dovuto ridisegnare più spesso, rispetto ad altri, e in questo caso qual’è che la divertiva di più disegnare?
Non mi viene in mente un personaggio particolare. Quello che ho ridisegnato più volentieri è il Moguri però. Più che altro perché è il più facile da disegnare (ride). Ricordo di aver disegnato moltissime volte Kefka da Final Fantasy VI. Lo disegnavo volentieri perchè in ogni illustrazione era vestito in modo diverso, o aveva un trucco o un’espressione diversi. Fa parte di lui, della sua personalità, essere così libero da vincoli e imposizioni, a differenza dei protagonisti che invece disegno partendo dal presupposto che abbiano un forte senso di responsabilità, che nel design devono trasmettere al pubblico.