“Questo Mondiale non si sarebbe dovuto giocare, o meglio non si sarebbe dovuto assegnare al Qatar, al quale si è dato lo sport più bello del mondo calpestando i diritti umani, corrompendo, imbrogliando, grazie alla complicità dei signori del football, che glielo hanno venduto nel 2010″. La direttrice di Rai Sport, Alessandra De Stefano, ha aperto con questa accusa la prima puntata di Il Circolo dei Mondiali, la trasmissione che tutte le sere su Rai1 commenterà le partite e tutti gli eventi di giornata dei Mondiali di calcio del Qatar 2022. L’avvio del calcio giocato, con la partita inaugurale del 20 novembre, non ha messo un freno alle polemiche che, fin dai mesi precedenti al suo inizio, ha accompagnato la Coppa del Mondo organizzata dall’emirato della penisola araba.

Dopo i contrasti tra la Fifa e le Federazioni nazionali per la questione della fascia antidiscriminazione, anche la giornalista della Rai, che è la depositaria unica dei diritti di trasmissione dei Mondiali qatarioti, ha deciso di schierarsi contro la Fifa e la discussa presidenza di Gianni Infantino. “Questi sono gli stessi che all’inizio volevano giocarlo d’estate, nel deserto – ha continuato sugli stessi toni De Stefano, nel corso del programma – Tutto ha un prezzo, con questo Mondiale nelle casse della Fifa entreranno cinque miliardi e mezzo di dollari“. Una sorta di dichiarazione di intenti da parte di De Stefano: “Saremo qui a raccontarvi questa Coppa del Mondo senza ipocrisia“.

“Il calcio è di tutti, non di pochi privilegiati“, ha detto la direttrice di Rai Sport, svelando un retroscena avvenuto in Viale Mazzini negli ultimi mesi: “Quando il sogno di andare in Qatar è sfumato per l’Italia, ci siamo interrogati sul senso di parlare di questi Mondiali. Non è stato facile decidere se tenere l’esclusiva, ma la Coppa del Mondo è di tutti, così come i tanti eventi di sport e la Rai fa servizio pubblico“. C’è stata, dunque, secondo De Stefano, una seria discussione sull’opportunità di finanziare e trasmettere il torneo calcistico in corso in Qatar.

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