L’aria condizionata a cielo aperto. Enormi stadi di calcio dove la temperatura si mantiene sempre gradevole, intorno ai 20 gradi, mentre fuori ce ne sono più del doppio. Ideale per giocare a pallone, se siete in tribuna conviene portarvi anche un maglioncino, non si sa mai. Uno schiaffo alla crisi energetica dei nostri giorni. Una sfida alla natura. La più grande meraviglia tecnologica, cioè l’ultima follia, di Qatar 2022. Se un mondiale di calcio potrà giocarsi nel deserto sarà solo grazie a ciò che gli organizzatori chiamano “cooling system”, cioè il sistema di raffreddamento degli impianti. Una tecnica mai sperimentata prima nella storia, ciò che davvero ha permesso al piccolo emirato di aggiudicarsi l’evento. Il dossier presentato nel 2010 alla Fifa, che prevedeva lo svolgimento del torneo addirittura in estate (prima dello spostamento in inverno), puntava tutto proprio sull’invenzione di un meccanismo in grado di abbassare la temperatura, che d’estate in Qatar può toccare anche i 45 gradi e rende impossibile qualsiasi attività fisica per gran parte della giornata. Non era mai stato fatto prima. Infatti gli ispettori della Fifa avevano grandi dubbi che fosse possibile, e per questo stroncarono il dossier qatarino che riuscì comunque ad aggiudicarsi l’evento, contro il buon senso e ogni pronostico (poi si scoprirà tutto il giro di corruzione che portò all’assegnazione). Gli ispettori si sbagliavano. Il progetto, finanziato dal Qatar National Research Fund (QNRF), è stato sviluppato da Saud Abdulaziz Abdul Ghani, professore di ingegneria all’università di Doha, ingaggiato nel 2009 quando fu lanciata la candidatura e da allora ribattezzato “dr. Cool”. “Il dottor freddo”, l’uomo che ha reso possibile l’impossibile. “Se non potevamo controllare il macroclima dell’intero Qatar, certamente potevamo controllare il microclima in spazi delimitati, per quanto ampi”, ha spiegato. Uno stadio, appunto.
Come funziona, in Italia lo hanno documentato anche le telecamere di Report, nel corso dell’inchiesta sui mondiali in Qatar andata in onda nell’ultima puntata del programma di Rai3. Dopo mesi di tentativi, Ghani ha avuto l’illuminazione giusta: “Abbiamo capito che non dovevamo raffreddare l’intero stadio, ma solo dove si trovano le persone, creando delle bolle d’aria fresca all’interno dell’impianto”. E così è stato. In ogni stadio ci sono degli enormi bocchettoni ai lati del campo, della grandezza circa di un pallone, che sparano delle forti ventate di aria fredda in grado di controllare la temperatura percepita dai giocatori. Agli spettatori, invece, pensano dei piccoli augelli collocati sotto i sedili. Per non vanificare gli sforzi, la problematica maggiore era quella di controllare l’ingresso dell’aria calda dall’esterno, e infatti la dimensione e la forma degli stadi sono stati pensati apposta per questo, disegnati e costruiti tutti da zero, dopo aver testato i modellini 3D in delle apposite gallerie del vento: ad esempio, l’Al Bayt, lo stadio più iconico del mondiale con la sua forma a tenda araba, inizialmente avrebbe dovuto avere un colore più scuro, ma poi è stato schiarito perché semplicemente con questo accorgimento la temperatura interna si abbassava di 5 gradi; il grande occhio del Lusail, sede della finale, è stato invece modellato in modo da ridurre le correnti esterne. E così il miracolo è compiuto: anche se nessuno degli impianti è chiuso (solo due hanno un tetto retrattile, il cui utilizzo comunque non è previsto durante il torneo), la temperatura non supera mai i 20 gradi. Provare per credere.
Anche se siamo ormai a metà novembre, la tecnologia sarà comunque fondamentale per il torneo, perché il caldo è ancora torrido, soprattutto nelle ore centrali (e quindi per le partite pomeridiane, meno di sera). Ma non risolve completamente il problema sportivo. C’è infatti un dettaglio che viene poco considerato: tutti gli 8 stadi sono dotati di aria condizionata, tranne uno, lo stadio 974 (quello interamente smontabile), e quindi i match disputati qui potrebbero risentirne parecchio, alterando la regolarità della competizione. Senza dimenticare i campi di allenamento, che ovviamente non possono essere così avanzati: per i giocatori le condizioni saranno comunque sfavorevoli. Di questo il Qatar non sembra molto preoccupato. Come della mostruosa quantità di energia richiesta per alimentare questo miracolo della tecnica: i motori di questi condizionatori sono simili a quelli presenti nelle nostre case, solo molto più potenti e più grossi. Interi grattacieli sono adibiti solo a contenere le macchine degli impianti che refrigerano gli stadi e gli altri luoghi del mondiale. Anche così si spiegano i 3,6 milioni di tonnellate di Co2 prodotte dall’evento, record di emissioni nella storia dell’evento. Ma il mondiale è solo il primo passo. Il prossimo sarà climatizzare interi spazi aperti del Paese. Lo hanno fatto ad esempio al Katara Village, centro commerciale e di intrattenimento a nord di Doha, uno dei luoghi preferiti degli abitanti qatarini, dove le strade sono già condizionate. I cugini dell’Arabia Saudita hanno fissato l’asticella ancora più in alto: nel 2029 il Paese ospiterà i Giochi invernali asiatici in mezzo al deserto in una località di montagna che ancora non esiste e costerà 500 miliardi. Con i petrodollari degli sceicchi non c’è limite all’immaginazione. E alla follia.