Nell'ultima udienza del processo ‘Ndrangheta stragista, il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese parla dei due ex presidenti del Consiglio, collocando un loro incontro in un agrumeto nel 1978-79. Ma nei suoi precedenti verbali non c'è traccia: "Mi aggredì un pubblico ministero". Nei due interrogatori dell'epoca però quel magistrato non era presente
Silvio Berlusconi e Bettino Craxi insieme nell’agrumeto con Peppe Piromalli e gli altri boss della Piana di Gioia Tauro. È questa l’immagine che il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese regala a chi ha assistito all’ultima udienza del processo ‘Ndrangheta stragista che vede imputati, in appello a Reggio Calabria, il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e il referente della cosca Piromalli, Rocco Santo Filippone. Entrambi sono stati condannati in primo grado all’ergastolo come mandanti del duplice omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 sull’autostrada, all’altezza dello svincolo di Scilla. Nel corso della sua deposizione, il pentito ha ribadito quanto aveva dichiarato nel 2021 al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. E, in particolare, di aver assistito “personalmente” a un summit avvenuto nel 1978-1979, dopo l’omicidio Moro, nelle campagne della Piana di Gioia Tauro, “presso l’agrumeto di tale Peppe Piccolo”.
Rispondendo alle domande del procuratore generale, il collaboratore di giustizia ha spiegato che suo padre Domenico Bruzzese trascorreva la latitanza in quel posto dove lui si recava per portargli i giornali e il pane. Un giorno, con il padre, c’erano altri boss del calibro di Peppe Piromalli: “C’era una certa eccitazione – ha ricordato in aula Bruzzese che allora era un adolescente – Quello che io riuscivo a capire era l’arrivo di qualche soggetto importante. Vidi arrivare due persone molto distinte che in quel luogo, per come erano vestite, attiravano la mia attenzione. Avevano tutte e due lo stesso soprabito e lo stesso cappello, quel tipo di cappello che indossano i gangster americani, tipo Borsalino. Quindi erano vestiti eleganti, erano vestiti bene. Senonché quello più alto era Bettino Craxi, persona che io avevo già visto e riconosciuto. Gli va incontro Peppe Piromalli. Andando incontro al soggetto più basso, gli dice queste parole: ‘Silvio Berlusconi, come stai?’. Praticamente già si conosceva Peppe Piromalli con Silvio Berlusconi e lì gli fu presentato pure Craxi”.
La presenza di Berlusconi e Craxi con i boss della ‘ndrangheta non è stata mai riscontrata dalle indagini, ma il collaboratore di giustizia non ricorda solo il cappello da gangster indossato dai due politici con il soprabito, ma addirittura il sorriso del leader di Forza Italia: “Quello che mi ha colpito – ha aggiunto nel corso dell’udienza – è il sorriso di Berlusconi, un sorriso a 32 denti. Quel contesto storico io non l’ho mai dimenticato pur essendo trascorsi tutti questi anni”. Una premessa che ha fornito l’assist al procuratore aggiunto Lombardo per fare un’altra domanda: “Lei, quando inizia il percorso di collaborazione con la giustizia parla immediatamente di quest’accadimento? Perché io ho qui ho un verbale del 25 febbraio 2004 in cui lei fa riferimento a Bettino Craxi insieme a un altro personaggio di cui però non fa il nome. Oggi ci dice che è Silvio Berlusconi. Mi spieghi perché c’è questa distonia?”.
A questo punto, Bruzzese parla dell’interrogatorio reso all’epoca, davanti a diversi investigatori, nella caserma dei carabinieri di Taurianova. In sostanza, quando iniziò “ad aprire questi argomenti” e “posi in essere che a mia conoscenza c’erano questi fatti”, Bruzzese “capì” che doveva smettere di parlare. Il pentito fornisce la sua versione dei fatti facendo i nomi dei pm che parteciparono a quell’interrogatorio, sostenendo che uno dei tre magistrati “in un certo senso” lo avrebbe addirittura “aggredito”: “Alzando il tono della voce, mettendo enfasi, nel momento in cui io descrivevo particolari della famiglia Alvaro e Crea, lui fece una sorta di rimbrotto. Però con molta enfasi. In quel momento io ho capito che non dovevo andare oltre”.
Della “aggressione” al pentito non c’è traccia nel verbale delle dichiarazioni rese il 25 febbraio 2004 ai magistrati, tra i più apprezzati della Procura di Reggio Calabria, che ventisei anni dopo avrebbero dovuto verificare se nel 1978 il politico socialista (morto da quattro anni ad Hammamet) avesse partecipato al summit con i boss della ‘ndrangheta assieme a “un altro personaggio” che “io non sono in grado di riconoscere”. Piuttosto, da quel vecchio verbale emerge che il pm indicato dal pentito come il magistrato che lo avrebbe “aggredito”, in realtà, non c’era all’interrogatorio del 25 febbraio 2004 e nemmeno nel successivo del 23 marzo dello stesso anno quando Bruzzese fornì invece una versione differente circa la presenza di Craxi e del personaggio, di cui non fece il nome, nell’“agrumeto di tale Peppe Piccolo”. All’epoca i due politici sarebbero andati a “trattare la liberazione di Aldo Moro”. In sostanza, “loro volevano – disse Bruzzese 18 anni fa – che ci fosse un intervento della ‘ndrangheta anche calabrese in favore di Aldo Moro con questi terroristi, Brigate Rosse”.
Ritornando all’udienza di lunedì, il summit a cui – secondo il pentito – avrebbero partecipato Craxi e Berlusconi con Peppe Piromalli non è l’unico tra quelli riferiti dal pentito Bruzzese in aula. Nel corso dell’interrogatorio, durato un paio d’ore, infatti, il collaboratore ha parlato di un altro incontro avvenuto sempre nella Piana di Gioia Tauro, all’interno del laboratorio di piante ornamentali del marchese Fefè Zerbi, personaggio reggino più volte emerso nelle indagini sulla destra eversiva. Si tratta di un incontro che si sarebbe verificato poco dopo quello nell’agrumeto con Craxi. Stando al racconto di Bruzzese, Fefé Zerbi “si irritò parecchio” perché un soggetto, Franco Pezzano, entrò in una stanza senza neanche bussare e vide i personaggi che erano con lui.
Personaggi che Bruzzese non ha, quindi, visto con i suoi occhi ma che gli sarebbero stati indicati da Pezzano: “Per come disse Franco Pezzano che ha aperto la porta della villa di Fefé Zerbi, lì c’era Franco Freda, Paolo Romeo, Giorgio De Stefano e mi pare che fece anche il nome di Delle Chiaie. Io non so chi era questo Stefano Delle Chiaie. Non ho idea di chi fossero queste persone”. Anche su questo secondo incontro, al momento, non ci sono riscontri. Si capirà di più probabilmente nella prossima udienza, fissata per il 5 dicembre, quando proseguirà l’interrogatorio del collaboratore di giustizia che dovrà rispondere ancora alle domande del pg Lombardo e a quelle della difesa.