A tagliarla prima del governo Meloni era stato Draghi: con lui l’Iva sugli assorbenti femminili era passata dal 22 al 10 per cento. Ma ora l’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia ha deciso nella manovra di ridurre ulteriormente l’imposta, portandola al 5%, tanto sugli assorbenti femminili quanto sui pannolini. Per anni si è discusso del taglio della tassa che, però, prima del governo Draghi non era mai stata ridotta. Due anni fa, poco prima dell’inizio della pandemia, l’esecutivo giallorosso ci provò, ma il taglio dell’Iva al 5% riguardò solamente gli assorbenti compostabili e biodegradabili, quasi introvabili sul mercato.

La prima proposta avanzata in Italia per ridimensionare la tampon tax risale però a 5 anni fa, e fu Pippo Civati a indicare una norma che non arrivò a destinazione. Poi il tema è stato toccato, solamente a livello di dibattito, in quattro governi diversi, sfociando in almeno tre proposte di legge mai discusse e tre emendamenti bocciati. Nell’esecutivo Draghi, a sostenere il taglio al 10%, c’erano Movimento 5 Stelle, Partito democratico e Italia Viva.

Prima del provvedimento del precedente governo, gli assorbenti femminili erano soggetti a Iva del 22%, ed erano quindi considerati beni ordinari, come vino, sigarette e vestiti: l’Iva, quindi, è al 22%. All’epoca, dunque, gli assorbenti in Italia erano tra i più costosi in Europa. Come noi – anzi, peggio – solo Ungheria (27%), Danimarca, Svezia e Norvegia (25%). Il tema è dibattuto da anni all’interno del movimento femminista perché secondo le attiviste rappresenta una delle tante facce della discriminazione verso le donne. La necessità di comprare assorbenti si ripropone infatti ogni mese durante tutto il periodo fertile, che in media dura quarant’anni. E richiede un esborso non indifferente, che si calcola si aggiri in un anno per ogni donna mediamente intorno ai 100-150 euro.

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