Il 20 novembre si è celebrata la giornata mondiale della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Infatti il 20 novembre 1989 l’Onu approvava la Convenzione e nel 1991 l’Italia la ratificava con la legge n.176 del 27 maggio 1991. Sono passati 31 anni dalla ratifica dell’Italia e ancora oggi la Convenzione resta inattuata in quasi tutti i suoi diritti. Si sa, i minori non votano, non consumano, addirittura pretendono diritti.

In Italia il 20 novembre è stato un fiorire di prese di posizione, le agenzie di stampa hanno registrato centinaia di comunicati da parte della politica, dell’associazionismo, di amministratori, tutti con espressioni accorate sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Eppure nonostante tutti i governi che si sono succeduti, oltre le celebrazioni non sono andati. Ad oggi dopo oltre trent’anni in Italia il 13,5% dei minori sono in povertà assoluta, e il 27,7% dei minori al di sotto dei 16 anni è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Non solo.

Per i minori in Italia nel 2021 l’aspettativa di vita in buona salute è di 67,2 anni se sono nati nella provincia di Bolzano, ma di solo di 54,4 anni se sono nati in Calabria. Se un minore vive al nord ha un vantaggio di 12 anni di buona salute. E ancora l’81,9% dei bambini vive in zone inquinate dalle polveri sottili. La povertà alimentare colpisce un bambino su 20 ma le mense scolastiche gratuite per tutti i bambini dai 3 e i 10 anni sono insufficienti.

Anche i numeri dell’abbandono scolastico sono impietosi, con punte negative, sempre nelle Regioni del sud, le quali vanno oltre la media nazionale del 12,7%. In particolare: Sicilia 21,1%, Puglia 17,6%, Campania 16,4%, Calabria 14%.

Mentre, almeno un giorno l’anno, un minimo di attenzione sui minori si rivolge alle questioni del diritto allo studio, alle mense, alla salute, nessuna agenzia di stampa ha diffuso alcun commento di parte politica e associativa sulla questione della precarietà abitativa e in particolare dei minori soggetti a sfratto. Eppure il tema sarebbe centrale. Per un minore che subisce uno sfratto esecutivo con la famiglia vengono contestualmente messi a rischio, ad esempio, la frequenza scolastica e la salute. Come si può conciliare il diritto all’accesso alla mensa o contrastare la dispersione scolastica se un minore viene sfrattato con la forza pubblica? Come si contrasta la povertà se non si parte dalla questione abitativa?

L’unica voce che si è alzata il 20 novembre Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza è stata quella dell’Unione Inquilini. In un comunicato l’Unione Inquilini ha dichiarato che la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sancisce, tra gli altri, il diritto all’alloggio e alla non divisione del nucleo famigliare.

In Italia ogni anno sono migliaia i minori che sono sfrattati con il loro nucleo famigliare senza o quasi alcun intervento di passaggio da casa a casa o alcuna assistenza da parte dei Comuni. Nei pochi casi di assistenza, si interviene con una sistemazione temporanea per la mamma e il minore, mentre il papà viene escluso da ogni forma di assistenza. Una forma ipocrita di attuazione della Convenzione internazionale che comunque produce violazione della stessa.

In Italia sono 889.000 le famiglie in povertà assoluta e nel 25% é presente un minore, quindi in affitto e in povertà assoluta, e precarietà abitativa vivono almeno 240.000 minori. Non è provocazione, ma una certezza, che l’Italia sistematicamente non applichi la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Non garantisce un alloggio negli sfratti ai minori e divide i nuclei famigliari.

L’Italia ha rinunciato ad avere un parco alloggi di case popolari e non consente alle 650.000 famiglie in graduatoria, dove sono presenti almeno 200.000 minori, di ottenere una casa popolare.

In Italia il 20 novembre nessuna iniziativa pubblica ufficiale e istituzionale ha parlato del diritto dei minori all’alloggio. Come mai se la questione è grave e tocca centinaia di migliaia di minori? In Europa si è avviato il Child Guarantee che ha lo scopo di assicurare che bambini e adolescenti vulnerabili l’accesso a servizi di qualità. I gruppi di minori considerati a maggior rischio di povertà e di esclusione sociale sono i minori senza fissa dimora o in situazioni di grave disagio abitativo, minori con disabilità, con problemi di salute mentale.

La prima fase del Child Guarantee è iniziata nel 2015 con una Risoluzione del Parlamento Europeo che auspicava lo sviluppo di un Programma di Garanzia per l’infanzia e l’adolescenza per il contrasto della povertà multidimensionale. Cinque gli ambiti coinvolti: istruzione, salute, nutrizione, condizioni abitative e cura della prima infanzia. La seconda fase del programma riguardava lo studio di fattibilità, da cui sono stati identificati i quattro gruppi prioritari. Nel luglio 2020 la Commissione Europea ha dato il via a una terza fase pilota (che deve concludere nel 2022), chiedendo all’Unicef di collaborare con i governi in Italia, Croazia, Bulgaria, Grecia, Spagna, Germania e Lituania nella sperimentazione di sistemi di intervento per il contrasto alla povertà minorile e all’esclusione sociale, come possibili modelli per gli Stati membri dell’Unione Europea.

Quindi in Europa la questione abitativa è ben presente, ma se l’Italia non intende attuare, come dimostrano i fatti, la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e degli adolescenti su questioni fondamentali, come ad esempio il diritto all’alloggio, ritiri la firma dalla Convenzione internazionale ratificata nel 1991, oppure finalmente inizi ad applicarla dopo 31 anni dalla ratifica.

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