In un affollato ristorante italiano di una città belga una ragazza e un ragazzino cantano una canzone al karaoke. Vengono dall’Africa e si guadagnano da vivere facendo consegne per il cuoco. Cinque euro è il sudato plus per l’esibizione, un pezzo di focaccia e si esce per le consegne. Ma il tempo è tiranno, le consegne tante e al limite della legalità, anzi ben oltre. Il piccolo Tori deve anche andare a scuola ogni mattina e la sorella Lokita ha il fiato sul collo di strozzini da una parte e dei familiari bisognosi in Africa dall’altro capo dello smartphone: tutti vogliono soldi.
Tori e Lokita è il dodicesimo film di finzione dei registi che dal loro Belgio francofono, in quanto a urgenza civile, brillano nella cinematografia europea come Ken Loach dalla Gran Bretagna. I loro giovanissimi personaggi sono travolti dalle spire tentacolari di una città che non li considera, una giungla di luci, spaccio e umiliazioni che rigetta l’essere umani. Venderanno tutto quel che possono i due ragazzi e la narrazione dei fratelli Dardenne, in proposito, scorre veloce e tagliente come un thriller.
Il loro nuovo lavoro, Premio del 75º anniversario e Prix du Cinéma positif quest’anno a Cannes, apre allo spettatore un drammatico punto d’osservazione sulla vita dopo i barconi. Parla molto chiaramente di sopravvivenze urbane e integrazione che non c’è. O quantomeno come eldorado per queste persone dalle ali di cera. Impossibile in questi giorni non incrociare il pensiero con quella definizione, carico residuale, che riecheggiando tra i media mi è sbucata naturalmente in una domanda per i registi nel corso della loro conferenza stampa tenuta a Roma il 10 novembre.
Visto il polverone alzato da quel termine non appropriato per esseri umani, ma sicuramente più calzante per merci portuali, ho chiesto ai Dardenne, oltre che nel loro lavoro di narratori di storie, quanto sono importanti il linguaggio, la parola, la scelta delle parole.
“Sicuramente sono parole terribili quelle che lei ha ricordato, il modo in cui sono stati definiti i migranti da questo Ministro dell’Interno italiano”. Ha risposto Luc Dardenne. “Ed è per questo che noi abbiamo voluto mettere al centro dell’immagine proprio il racconto di due individui. Cosa vogliono in fondo questi ragazzi? Vogliono vivere con noi, e non certo contro di noi.
Per loro è importante riuscire ad avere i documenti e poter vivere una vita normale nel paese. Ed è per questo che insisto su questo fatto: portare sul grande schermo due individui, non soltanto due simboli, due rappresentanti di una comunità, come ha detto mio fratello, ma la comunità dei migranti che fa così tanta paura. Credo che in qualche modo il cinema possa fare molto. Credo che possa cercare in qualche modo di cambiare un po’ le cose. Spezzare i pregiudizi, i luoghi comuni e far sì che nelle immagini scorra sempre ciò che è la vita vera, la vita di questi due ragazzi. Solo così possiamo resistere alle sirene delle parole come quelle che ha ricordato”.
Gli attori si chiamano Pablo Shils e Joely Mbundu, giovani quanto convincenti nei loro difficilissimi ruoli. Difficili non solo perché sostengono una pressione emotiva disumana, ma perché, senza anticipare colpi di scena, mostrano a noi occidentali come le famiglie di migranti si scompongono e si compongono sui barconi.
Quindi la riflessione che stimolano i Dardenne non riguarda soltanto le condizioni di questi minori e il loro sfruttamento del quale si nutre la malavita organizzata, ma anche su nuove combinazioni familiari per rincorrere la sopravvivenza e “una vita normale nel paese”.
Come ha sottolineato Dardenne, che ha poi aggiunto: “Il cinema deve permetterci di prenderci una pausa, di fermarci un momento e di creare una sorta di dialogo, di rapporto con quello che è l’individuo. Perché noi siamo sommersi, anneghiamo in un mare di parole, in questi messaggi mediatici. Invece ci sarebbe bisogno di fermarsi un attimo a pensare, a riflettere”.
Tori e Lokita sarà nelle sale dal 24 novembre con Lucky Red. Di sicuro questo tipo di cinema, con la magia della sua ricostruzione scenica e la ricerca dei suoi autori, regala al pubblico uno sguardo sul mondo reale non solo raccontandoci l’oggi, ma ampliando la nostra consapevolezza verso i piccoli eroi vinti quanto anonimi.