La manovra di bilancio del governo Meloni si caratterizza per la povertà delle innovazioni e per una continuità al ribasso con le manovre degli anni precedenti. Questo provvedimento è soprattutto contro gli interessi degli indigenti, poiché abolisce, a partire dal primo gennaio 2024, il reddito di cittadinanza (che ha salvato dalla povertà assoluta oltre un milione di persone).
Al riguardo si prevede la distinzione fra inabili al lavoro e idonei al lavoro stesso. Per i primi resta un aiuto economico inferiore al citato reddito di cittadinanza, per i secondi si prevede invece un programma di formazione e collocamento al lavoro.
Si tratta di una norma fuori dalla realtà perché non tiene conto che ciò che manca sono proprio i posti di lavoro che non esistono più a causa dell’avvento del sistema economico predatorio neoliberista, avallato dai governi degli ultimi trenta anni con leggi incostituzionali, che hanno inciso negativamente sull’economia italiana e, conseguentemente sui posti di lavoro, procedendo alla privatizzazione e alla successiva svendita di quasi tutto il demanio pubblico del popolo costituito. Tra l’altro, dall’Ina, dall’Eni, dall’Enel e dall’Iri che conteneva 1000 aziende pubbliche e 600 mila dipendenti lasciati sul lastrico.
I vari governi hanno puntato sull’attività delle imprese, le quali non hanno investito in azioni produttive, ma in prodotti finanziari evitando di produrre beni e posti di lavoro. La Meloni avrebbe dovuto proteggere l’economia italiana rinforzando il demanio pubblico con opportune nazionalizzazioni e ha proceduto invece sulla linea dei precedenti governi ponendo tutto sul mercato in modo che la nostra ricchezza fosse acquisita dagli stranieri.
Con la cancellazione del reddito di cittadinanza la Meloni ha dimostrato che il suo governo è un governo di estrema destra insensibile ai bisogni e alle sofferenze di tutti i cittadini. Ella si sta invece preoccupando di tutelare ancor di più gli interessi dei miliardari, per i quali sta pensando a un nuovo condono fiscale per il rientro dei capitali dall’estero. Una proposta che peraltro non sarà certamente accolta perché i nostri miliardari ritengono molto più utile per i loro interessi mantenere la sede fiscale in Olanda, in Lussemburgo o in altri Paesi offshore.
Sulla stessa via si pone l’innalzamento del tetto al contate a 5000 euro considerato che i poveri e le persone normali certamente non camminano per strada con tali rotoli di soldi. Nel programma ci sono anche alcuni piccoli doni ai compagni di governo, come quello dell’innalzamento della flat tax (tassa piatta al 15%) al tetto di 85 mila euro.
Altre insignificanti elargizioni riguardano gli aiuti alle imprese e gli aiuti alle famiglie. Appare inconsistente anche l’aumento della tassazione sugli extra-profitti delle aziende energetiche dal 25%, previsto da Draghi, al 35%, laddove, trattandosi di speculazione illegittima di dette imprese medesime, dovrebbe riguardare tutti gli extra-profitti e non una parte di essi.
Insomma con questo atto la Meloni dimostra che il suo governo non ha ancora programmato una politica economica seria che ponga al primo posto l’eguaglianza e la libertà di tutti i cittadini e il progresso materiale e spirituale della società, come prescrivono gli articoli 3 e 4 della Costituzione.
Si tratta di una manovra di bilancio che è ben lontana dal risolvere i problemi giuridici e economici in cui versa l’Italia soprattutto in questo momento aggravato dalla crisi economica dipendente dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, la quale richiede una unità di indirizzo e di guida ed invece, come colpo finale, la manovra stessa dà via libera all’attuazione della proposta di legge Calderoli relativa alle autonomie differenziate.
Una legge che va contro le esigenze attuali che richiedono unità politica, economica e sociale e che invece scardina sin dalle fondamenta l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, come prevede l’articolo 5 della Costituzione.