Dal prossimo mese un milione e duecentomila dipendenti pubblici del comparto Istruzione e ricerca, di cui oltre 850mila insegnanti, riceveranno un aumento in busta paga di cento euro lordi mensili. Un incremento atteso da oltre tre anni ma che non servirà a raggiungere la media degli stipendi dei colleghi europei. Dietro la proclamazione di una vittoria da parte del neo ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara e delle organizzazioni sindacali che hanno firmato il contratto, c’è la delusione e l’amarezza da parte di miglia di maestri e professori che continueranno a essere tra quelli che guadagnano meno nel Vecchio Continente. Un docente di scuola secondaria di primo grado con quindici anni di servizio arriverà (secondo proiezioni della Cisl Scuola) ad una retribuzione annua di 25.302,79 nettamente inferiore ai colleghi francesi che – guardando gli ultimi dati presentati nel recente rapporto “Education at a Glance 2022” a cura dell’Ocse – arrivano a portare a casa annualmente 35.490 euro. Nonostante il “contentino” del Governo Meloni, i professori italiani (sempre prendendo in riferimento 15 anni di lavoro) continueranno a prendere meno dei colleghi spagnoli (40.034). Non parliamo di quelli olandesi (71.036) e tedeschi (71.991).
In ogni grado di scuola, i nostri insegnanti, continueranno ad essere tra i più poveri. Prendiamo in mano i numeri della primaria: grazie al nuovo contratto una maestra ad inizio carriera arriverà ad uno stipendio annuo di 20.979,40 che resta inferiore a quello di un francese (25mila euro circa), a quello di uno spagnolo (poco più di 28mila euro); di un belga (31mila circa) senza parlare della Germania dove si parte con più di 46mila euro l’anno. Il quadro non cambia se si guarda alle scuole secondarie di secondo grado dove – come alle medie – insegnano dei laureati: da noi si partirà (ad aumento fatto) con una retribuzione base di 22.757,12 per poi arrivare a 28.612,79 dopo 15 anni di carriera e a 35.620,67 al termine della stessa. Cifre che restano nettamente inferiori ad esempio alla Francia, la nazione con gli stipendi più vicini ai nostri.
D’altro canto l’Osservatorio dei conti pubblici italiani, lo scorso mese di settembre, prendendo in mano i dati italiani ed europei aveva precisato che “per gli stipendi dei docenti a prezzi correnti la retribuzione media degli insegnanti italiani è di 30.784 euro mentre quella dell’Eurozona è di 44.408 euro. Il costo della riforma sarebbe quindi di circa 11,6 miliardi l’anno”. Per il contratto di cui parliamo il governo ne ha spesi cinque miliardi e mezzo. Più precisamente, le retribuzioni previste dal contratto 2016/18 sono state tutte incrementate solo del 4,10%.
La stessa Flc Cgil, l’11 ottobre scorso scriveva: “Analizzando l’andamento delle retribuzioni negli ultimi anni risulta un’ulteriore penalizzazione dei docenti italiani rispetto ai colleghi europei. Ad esempio nel periodo che va dal 2010 al 2021 in Italia le retribuzioni dei docenti di scuola media sono diminuite di circa sei punti a fronte di un incremento di quasi due punti delle retribuzioni medie europee dei docenti dello stesso livello di scuola”.