Il loro contratto prevedeva quattro o cinque ore al giorno, ma in realtà ne lavoravano almeno dodici. L’operazione anti-caporalato della Guardia di finanza di Fermo ha scoperto oltre 50 operai sfruttati in un’azienda agroalimentare del capoluogo marchigiano. I dipendenti, alcuni dei quali abitavano sul posto di lavoro, erano costretti a ridurre la loro pausa pranzo a mezz’ora. Inoltre, tra i vari diritti violati, c’era il divieto di assentarsi per ferie o esigenze personali. L’attività investigativa ha preso il via dopo la denuncia di un ex dipendente, di origine straniera, licenziato dall’azienda per essersi andato al pronto soccorso a causa di un grave infortunio sul lavoro.

L’operazione, denominata “Tempi supplementari”, ha portato alla luce una situazione molto diversa da quella che emergeva dalla documentazione ufficiale. Le perquisizioni, eseguite nei giorni scorsi nei locali aziendali e nelle abitazioni degli indagati, hanno permesso di acquisire molti elementi utili all’inchiesta, anche attraverso l’analisi dei dispositivi informatici. Dalle dichiarazioni di altri ex dipendenti sono emerse situazioni di grave sfruttamento e ingiuste condizioni di assunzione, imposte dal datore di lavoro. Il presunto caporale approfittava dello stato di bisogno degli operai, quasi tutti stranieri e in Italia come richiedenti asilo. In questo modo l’azienda, secondo gli inquirenti, ha ottenuto un forte risparmio sui costi del lavoro, a danno dei dipendenti e delle imprese operanti nello stesso settore.

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