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Decreto rave, i giuristi in audizione: “Norma troppo generica, si rischia di punire qualsiasi raduno”. La maggioranza pensa a modifiche

Davanti alla Commissione Giustizia del Senato, i tecnici del diritto sottolineano l'"assoluta indeterminatezza" della nuova fattispecie di reato, punita fino a sei anni di carcere: "Il testo parla di tutto fuorchè dei rave party", nota il presidente delle Camere penali Giandomenico Caiazza. Critiche che potrebbero spingere il centrodestra a introdurre modifiche in sede di conversione, ad esempio specificando meglio la condotta incriminata

Troppo vaga la norma con cui il governo ha introdotto il cosiddetto “reato di rave party“, il nuovo articolo 434-bis del codice penale rubricato “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi. Con il rischio – più che concreto – che finisca per essere punito qualsiasi tipo di occupazione. Davanti alla Commissione Giustizia del Senato presieduta da Giulia Bongiorno – prima tappa dell’iter parlamentare del primo decreto legge del governo Meloni – sfilano i tecnici del diritto chiamati in audizione. Che ci vanno giù duri: “La norma che introduce il criterio del pericolo per l’ordine pubblico, la salute pubblica e l’incolumità pubblica è troppo generica“, ha avvertito martedì il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia. E proprio per questa vaghezza “rischia di non raggiungere il suo obiettivo: non viene in alcun modo descritto il pericolo a cui fa riferimento”. Anche il leader dell’Unione delle camere penali Giandomenico Caiazza ha puntato l’indice sull'”assoluta indeterminatezza” della nuova fattispecie: “Il testo parla di tutto fuorchè dei rave party”, ha notato. E, se restasse così, potrà essere colpita “qualunque forma di assembramento riconducibile al concetto di “invasione di un terreno o di un edificio”, per qualunque ragione che un qualunque questore o prefetto giudicherà essere pericolosa per l’ordine pubblico”, sottolineato. Esprimendo anche “forti dubbi” sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero giustificare il ricorso al decreto legge.

Critiche che potrebbero spingere la maggioranza a modificare parzialmente la norma in sede di conversione: una delle ipotesi, ad esempio, è di abbassare la pena massima prevista, portandola da sei anni a meno di cinque, in modo da non rendere possibile il ricorso alle intercettazioni in fase d’indagine. Possibile anche una migliore specificazione della condotta incriminata, per evitare che si applichi alle occupazioni di fabbriche, università e scuole, magari con un riferimento esplicito allo spaccio di stupefacenti. Inoltre, si ragiona di innalzare a cento (dagli attuali cinquanta) la soglia di partecipanti oltre la quale il raduno illegale si trasforma in reato. Mercoledì è stato invece il turno del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, audito sulla parte del decreto che riguarda la modifica delle norme sull’ergastolo ostativo (approvato per scongiurare una pronuncia di illegittimità costituzionale da parte della Consulta). Melillo ha chiesto di prevedere che la Procura antimafia possa “accedere ai sistemi informativi del ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria, in modo da poter incrociare tutti i dati“, compresi “quelli della corrispondenza, delle visite, dei colloqui e delle rimesse in denaro” relativi ai detenuti “per poter esprimere pareri qualificati” sulle richieste di benefici penitenziari da parte dei detenuti in carcere per reati di criminalità organizzata (pareri resi obbligatori dalla nuova legge). La senatrice Bongiorno ha parlato di “contributi costruttivi”, che potranno tradursi in “spunti di riflessione” per gli emendamenti: il termine per la presentazione scade lunedì 28.