È stato di allerta a Gerusalemme dopo che questa mattina, 23 novembre, intorno alle 7 ore locali, due ordigni sono esplosi alle porte della città. Da quanto si apprende al momento dalle autorità locali, le deflagrazioni hanno causato un morto e almeno 31 feriti. La vittima è uno studente 16enne di un collegio rabbinico e di origine canadese. Secondo i media, si tratta di Aryeh Shtsupack che è deceduto in ospedale a Gerusalemme per le ferite subite nell’attacco.
Il primo scoppio è avvenuto davanti a una fermata dell’autobus, poco prima del grande ponte che delimita l’ingresso a Gerusalemme: l’attentatore è arrivato sul luogo con una bicicletta elettrica, ha depositato il pacco bomba e poi si allontanato nella direzione della città. A circa 300 metri di distanza è avvenuta, poco dopo, la seconda esplosione, in un sobborgo alle porte di Gerusalemme. In questo caso l’attentatore ha depositato la bomba e poi si è scappato a bordo di una motocicletta. Era dai tempi della Seconda Intifada (prima metà degli anni 2000) che non si verificava un evento del genere a Gerusalemme.
C’è agitazione da parte della polizia israeliana che, mentre intensifica le operazioni di ricerca dei due attentatori, indaga per capire se esiste il rischio di ulteriori attacchi nelle prossime ore. In ogni caso, le autorità si dicono certe che le due deflagrazioni fossero coordinate. Secondo la ricostruzione degli agenti gli ordigni sono stati lanciati in sacchi e fatti esplodere a distanza. Il sospetto, riportato da The Times of Israel, è che le bombe fossero piene di chiodi. Ancora non c’è stata una rivendicazione ufficiale, nonostante Daoud Shehab, un dirigente della Jihad islamica, citato dalla radio pubblica israeliana Kan, abbia definito “operazioni eroiche” le due esplosioni, organizzate, secondo lui, per ricordare agli israeliani che i luoghi santi islamici rappresentano “una linea rossa” che non deve essere oltrepassata.
Immagine in evidenza d’archivio