La prima finanziaria di un nuovo Governo è particolarmente importante perché indica la direzione di marcia e le intenzioni future. La Premier Giorgia Meloni ha affermato che la sua finanziaria è trainata da due valori fondamentali: la crescita economica e la giustizia sociale. Quello della crescita economica è un obiettivo sempre annunciato in ogni finanziaria, e da ogni Governo, e quindi è quasi un orpello retorico. A dire il vero, grandi interventi per aumentare la produttività del sistema economico italiano in questa finanziaria non se ne vedono, a parte gli sconti energetici. Anzi, si va in direzione contraria visto il caotico stop al superbonus fiscale protagonista, alla grande, della recente ripresa economica italiana.
Intanto le previsioni danno una crescita dell’economia italiana per l’anno prossimo dello 0,3% contro il 3% e oltre dell’epoca Draghi, età dell’oro ormai. Quindi una crescita economica sostenuta per il 2023 è un’illusione, buona solo per le conferenze Rai.
Più interessante è invece il tema della giustizia sociale, caposaldo della visione della destra missina dalla quale la Premier discende. Qui la politica economica del governo può fare la differenza per il destino di milioni di persone. Per capire se siamo dentro il vortice demagogico che ancora risente dei postumi della campagna elettorale, oppure se c’è della sostanza, vediamo i punti principali della nuova finanziaria per il 2023.
Pensioni. Intanto, in premessa, osserviamo che il tanto sbandierato aumento delle pensioni minime a mille euro non c’è. E nemmeno ci poteva essere, con buona pace della destra che lo ripropone da almeno un decennio. Anzi si va nella direzione opposta ed è già stato preannunciato un taglio dell’adeguamento delle pensioni, quelle sopra i duemila euro lordi, che evidentemente la Premier considera la soglia della ricchezza per i pensionati. Non si capisce quale giustizia sociale ci sia a violare, nella sostanza modificandola, una legge dello Stato che prevedeva l’adeguamento automatico delle pensioni.
Ma ancora più assurdo è l’esito finale di questi risparmi. Caso più unico che raro, i tagli ai pensionati anziani andranno a finanziare l’ingresso anticipato nel paradiso pensionistico di Salvini di una certa quota di pensionandi anticipati. Si è creato ancora un ulteriore soglia per andare in pensione, quota 103, cosa che aumenta ancora di più la confusione del sistema.
Naturalmente questo ritocchino prepara la grande riforma pensionistica salviniana, che, c’è da scommetterci, non ci sarà mai ma è buona per portare voti in ogni campagna elettorale. Mettere pensionandi contro pensionati è nei fatti un insulto all’idea di una vera giustizia sociale.
Reddito di cittadinanza e flat tax. Sempre sul versante dell’equità sociale c’è da considerare un primo attacco al reddito di cittadinanza, con suo previsto ridimensionamento. La promessa abolizione si farà l’anno prossimo; oggi non si può fare per manifesta viltà o mancanza di coraggio. In effetti, ci vogliono nervi saldi per togliere 500 euro mensili a due milioni di persone.
Perché questo accanimento politico nei confronti di una misura che, pur con i suoi limiti, ha portato un sollievo economico a centinaia di migliaia di famiglie? Ragioni di integrità morale come vorrebbero i suoi detrattori? Non proprio. I soldi così risparmiati ora (1,5 miliardi) serviranno per finanziare non una ma ben tre flat tax. Stavolta a beneficiarne non saranno solo i professionisti benestanti con redditi elevati, ma anche gli altri autonomi per il reddito incrementale del triennio e i lavoratori dipendenti del privato con un alleggerimento fiscale del premio di produttività.
Naturalmente da questa grande cuccagna fiscale sono esclusi i dipendenti pubblici. Per loro niente paradiso fiscale, né piccolo e nemmeno grande, non lo meritano. Quindi si tolgono soldi ai percettori del reddito di cittadinanza per darli a coloro che hanno redditi più che discreti, se non elevati. Meloni veste i panni di una Robin Hood all’incontrario che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Ma la destra, peraltro, ha sempre amato per vocazione di ridurre le tasse per i ricchi. Abolirlo, come è previsto per il 2024, non è un atto di giustizia sociale, piuttosto un gesto di crudele arroganza sociale gravido di conseguenze, forse anche volute da una classe politica sempre più cinica.
Cuneo fiscale. Ma almeno la riduzione del cuneo fiscale non potrebbe rientrare nella misera rubrica dei provvedimenti di equità fiscale della finanziaria 2023? Purtroppo no. Intanto perché è una riduzione solo temporanea. In secondo luogo perché anche in Melonilandia non ci sono pasti gratis. Chi pagherà questi pochi euro mensili, comunque sempre utili, che diventeranno reddito spendibile? La risposta è semplice: il lavoratore stesso se non saranno utili per maturare la pensione, oppure la collettività in caso contrario attraverso un nuovo debito dell’Inps. Quindi un inganno per i lavoratori oppure un prelievo dai giovani; altro che giustizia sociale!
Settore pubblico e altro. C’è poi un grande assente: il settore pubblico. La finanziaria di Draghi aveva trovato un miliardo di euro per venire incontro alle nuove necessità del settore pubblico. C’è ancora pandemia, c’è stata la Dad, c’è la necessità di rendere più efficiente la pubblica amministrazione investendo nelle persone. Ci sono poi i contratti che, approvati molto tardivamente, sono già in scadenza. Per tutto questo non ci sono risorse nel libro contabile di Meloni. Se poi allarghiamo il campo e consideriamo nella giustizia sociale anche l’ambiente oppure l’etica pubblica, anche qui il bilancio è fallimentare. Il Governo ha spostato in là la tassa sulla plastica e appare la consueta tregua fiscale, nella forma sempre attuale del condono per gli evasori. I cittadini onesti sono avvisati che questo Governo farà ampi sconti ai disonesti. Bisognerà approfittarne in qualche modo.
In definitiva, nella prima finanziaria targata Meloni la crescita economica è solo immaginata e della giustizia sociale decantata in conferenza stampa l’occhio appena vigile non vede proprio nulla. La finanziaria per il 2023 è alquanto modesta nel suo impianto generale, acuisce le tensioni sociali creando nuove ed inique divisioni; risulta alla fine un caotico collage di tutte le proposte elettorali, ampiamente ridimensionate, delle varie anime della destra italiana. Ogni frazione porta a casa la sua parte del bilancio pubblico, ormai diventato bancomat post-elettorale, e i problemi dell’economia, come pure della società italiana, vengono ancora di più esacerbati o nascosti sotto il tappeto.
Nessuna grande riforma, insomma, in vista, almeno per ora, ma solo piccole rubriche clientelari. Una finanziaria politica, come esalta Meloni? Certo, ma della politica di peggior specie, spartitoria e lottizzatrice, senza una visione. Che questa legge, poi, realizzi una qualche giustizia sociale, solo la Premier e i suoi interessati adulatori lo possono credere. In realtà la seppelliscono sotto una indecente dose di demagogia, che è buona per vincere le elezioni ma forse meno buona per governare.
Mario Pomini
Docente di Economia, Università di Padova
Economia & Lobby - 23 Novembre 2022
Finanziaria, Meloni veste i panni di una Robin Hood all’incontrario
La prima finanziaria di un nuovo Governo è particolarmente importante perché indica la direzione di marcia e le intenzioni future. La Premier Giorgia Meloni ha affermato che la sua finanziaria è trainata da due valori fondamentali: la crescita economica e la giustizia sociale. Quello della crescita economica è un obiettivo sempre annunciato in ogni finanziaria, e da ogni Governo, e quindi è quasi un orpello retorico. A dire il vero, grandi interventi per aumentare la produttività del sistema economico italiano in questa finanziaria non se ne vedono, a parte gli sconti energetici. Anzi, si va in direzione contraria visto il caotico stop al superbonus fiscale protagonista, alla grande, della recente ripresa economica italiana.
Intanto le previsioni danno una crescita dell’economia italiana per l’anno prossimo dello 0,3% contro il 3% e oltre dell’epoca Draghi, età dell’oro ormai. Quindi una crescita economica sostenuta per il 2023 è un’illusione, buona solo per le conferenze Rai.
Più interessante è invece il tema della giustizia sociale, caposaldo della visione della destra missina dalla quale la Premier discende. Qui la politica economica del governo può fare la differenza per il destino di milioni di persone. Per capire se siamo dentro il vortice demagogico che ancora risente dei postumi della campagna elettorale, oppure se c’è della sostanza, vediamo i punti principali della nuova finanziaria per il 2023.
Pensioni. Intanto, in premessa, osserviamo che il tanto sbandierato aumento delle pensioni minime a mille euro non c’è. E nemmeno ci poteva essere, con buona pace della destra che lo ripropone da almeno un decennio. Anzi si va nella direzione opposta ed è già stato preannunciato un taglio dell’adeguamento delle pensioni, quelle sopra i duemila euro lordi, che evidentemente la Premier considera la soglia della ricchezza per i pensionati. Non si capisce quale giustizia sociale ci sia a violare, nella sostanza modificandola, una legge dello Stato che prevedeva l’adeguamento automatico delle pensioni.
Ma ancora più assurdo è l’esito finale di questi risparmi. Caso più unico che raro, i tagli ai pensionati anziani andranno a finanziare l’ingresso anticipato nel paradiso pensionistico di Salvini di una certa quota di pensionandi anticipati. Si è creato ancora un ulteriore soglia per andare in pensione, quota 103, cosa che aumenta ancora di più la confusione del sistema.
Naturalmente questo ritocchino prepara la grande riforma pensionistica salviniana, che, c’è da scommetterci, non ci sarà mai ma è buona per portare voti in ogni campagna elettorale. Mettere pensionandi contro pensionati è nei fatti un insulto all’idea di una vera giustizia sociale.
Reddito di cittadinanza e flat tax. Sempre sul versante dell’equità sociale c’è da considerare un primo attacco al reddito di cittadinanza, con suo previsto ridimensionamento. La promessa abolizione si farà l’anno prossimo; oggi non si può fare per manifesta viltà o mancanza di coraggio. In effetti, ci vogliono nervi saldi per togliere 500 euro mensili a due milioni di persone.
Perché questo accanimento politico nei confronti di una misura che, pur con i suoi limiti, ha portato un sollievo economico a centinaia di migliaia di famiglie? Ragioni di integrità morale come vorrebbero i suoi detrattori? Non proprio. I soldi così risparmiati ora (1,5 miliardi) serviranno per finanziare non una ma ben tre flat tax. Stavolta a beneficiarne non saranno solo i professionisti benestanti con redditi elevati, ma anche gli altri autonomi per il reddito incrementale del triennio e i lavoratori dipendenti del privato con un alleggerimento fiscale del premio di produttività.
Naturalmente da questa grande cuccagna fiscale sono esclusi i dipendenti pubblici. Per loro niente paradiso fiscale, né piccolo e nemmeno grande, non lo meritano. Quindi si tolgono soldi ai percettori del reddito di cittadinanza per darli a coloro che hanno redditi più che discreti, se non elevati. Meloni veste i panni di una Robin Hood all’incontrario che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Ma la destra, peraltro, ha sempre amato per vocazione di ridurre le tasse per i ricchi. Abolirlo, come è previsto per il 2024, non è un atto di giustizia sociale, piuttosto un gesto di crudele arroganza sociale gravido di conseguenze, forse anche volute da una classe politica sempre più cinica.
Cuneo fiscale. Ma almeno la riduzione del cuneo fiscale non potrebbe rientrare nella misera rubrica dei provvedimenti di equità fiscale della finanziaria 2023? Purtroppo no. Intanto perché è una riduzione solo temporanea. In secondo luogo perché anche in Melonilandia non ci sono pasti gratis. Chi pagherà questi pochi euro mensili, comunque sempre utili, che diventeranno reddito spendibile? La risposta è semplice: il lavoratore stesso se non saranno utili per maturare la pensione, oppure la collettività in caso contrario attraverso un nuovo debito dell’Inps. Quindi un inganno per i lavoratori oppure un prelievo dai giovani; altro che giustizia sociale!
Settore pubblico e altro. C’è poi un grande assente: il settore pubblico. La finanziaria di Draghi aveva trovato un miliardo di euro per venire incontro alle nuove necessità del settore pubblico. C’è ancora pandemia, c’è stata la Dad, c’è la necessità di rendere più efficiente la pubblica amministrazione investendo nelle persone. Ci sono poi i contratti che, approvati molto tardivamente, sono già in scadenza. Per tutto questo non ci sono risorse nel libro contabile di Meloni. Se poi allarghiamo il campo e consideriamo nella giustizia sociale anche l’ambiente oppure l’etica pubblica, anche qui il bilancio è fallimentare. Il Governo ha spostato in là la tassa sulla plastica e appare la consueta tregua fiscale, nella forma sempre attuale del condono per gli evasori. I cittadini onesti sono avvisati che questo Governo farà ampi sconti ai disonesti. Bisognerà approfittarne in qualche modo.
In definitiva, nella prima finanziaria targata Meloni la crescita economica è solo immaginata e della giustizia sociale decantata in conferenza stampa l’occhio appena vigile non vede proprio nulla. La finanziaria per il 2023 è alquanto modesta nel suo impianto generale, acuisce le tensioni sociali creando nuove ed inique divisioni; risulta alla fine un caotico collage di tutte le proposte elettorali, ampiamente ridimensionate, delle varie anime della destra italiana. Ogni frazione porta a casa la sua parte del bilancio pubblico, ormai diventato bancomat post-elettorale, e i problemi dell’economia, come pure della società italiana, vengono ancora di più esacerbati o nascosti sotto il tappeto.
Nessuna grande riforma, insomma, in vista, almeno per ora, ma solo piccole rubriche clientelari. Una finanziaria politica, come esalta Meloni? Certo, ma della politica di peggior specie, spartitoria e lottizzatrice, senza una visione. Che questa legge, poi, realizzi una qualche giustizia sociale, solo la Premier e i suoi interessati adulatori lo possono credere. In realtà la seppelliscono sotto una indecente dose di demagogia, che è buona per vincere le elezioni ma forse meno buona per governare.
I nuovi Re di Roma
di Il Fatto Quotidiano 6.50€ AcquistaArticolo Precedente
Manovra, il nuovo tetto al prezzo dell’energia vale per le rinnovabili e non per gas e carbone. Bonelli: “Governo iniquo e forte con i deboli”
Articolo Successivo
Manovra, come al solito vincono gli intoccabili: per noialtri, il bastone
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
“Risoluzione Usa all’Onu non cita l’integrità ucraina”. Rubio: “Semplice e storica”. Mosca: “Una buona idea”. Voci al fronte: “Non sarà giusta, ma almeno sarà pace”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
“Vendo io le borse Hermès false a Santanchè”. Perché ora la ministra del Turismo rischia davvero
Cronaca
Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.