Nel testo della legge di Bilancio licenziata dal Consiglio dei ministri trova posta anche l’annunciato, piccolo, ampliamento della flat tax. Ossia la tassa piatta con un’aliquota unica, in questo caso del 15%, che si applica indipendentemente dal reddito del contribuente azzerando la progressività del prelievo. In particolare sale da 65mila a 85mila euro la soglia dei ricavi o dei compensi entro cui le partite Iva possono ricorrere a questo regime. In termini di platea non cambia molto, agli attuali 2,1 milioni titolari di partite Iva beneficiari della tassa piatta se ne aggiungono 100mila ma il costo della misura è di 281 milioni di euro ogni anno. La riforma introduce trattamenti fiscali fortemente differenziati tra lavoratori dipendenti e autonomi con redditi paragonabili. Come ha sottolineato su Twitter l’economista, deputata Pd ed ex viceministra del Lavoro Maria Cecilia Guerra, un dipendente o un pensionato finirebbero con il versare fino a quasi 10mila euro di tasse in più rispetto a una partita Iva.
Il calcolo richiede alcune spiegazioni che la professoressa Guerra ha fornito a Ilfattoquotidiano.it. Un titolare di partita Iva (ad esempio un avvocato) è sottoposto ad un regime di costi forfettari del 22% (indipendentemente da quelli effettivi) che devono essere sottratti ai ricavi. A cui vanno poi tolti anche i contributi. Fatti i dovuti calcoli rimangono appunto 53.703 euro e a questa cifra si applica la flat tax del 15% per un prelievo che ammonta a 8.055 euro. Un dipendente con lo stesso reddito è invece sottoposto non solo alle ordinarie aliquote Irpef (nella parte sopra i 50 mila euro del 43%) ma anche alle addizionali Irpef comunali e regionali che in città come Roma o Milano incidono in misura non indifferente. Il risultato finale è che un dipendente che abita nella capitale si trova a pagare imposte per 18.019 euro, quasi 10mila euro in più rispetto al lavoratore autonomo, ad esempio un avvocato. Questa evidente disparità di trattamento potrebbe peraltro indurre lavoratori dipendenti a passare ad un rapporto di collaborazione con partita Iva, aumentando le difficoltà per le casse dell’Inps.
La manovra introduce anche una flat tax incrementale, sempre del 15% e sempre per le sole partite Iva. In sostanza il prelievo “piatto” si applica agli incrementi di reddito rispetto al triennio precedente fino a 40mila euro. Qualora si dovessero superare i 100mila euro di incassi annui si torna però in automatico al regime di tassazione ordinario e progressivo.
Nella manovra ci sono “tre tasse piatte”, tra cui quella “sui redditi incrementali alle partite Iva che hanno una tassa piatta del 15% sul maggiore utile conseguito rispetto al triennio precedente con soglia massima 40 mila euro, il che dimostra che si tratta di una misura rivolta al ceto medio, che non favorisce i ricchi e riconosce i sacrifici di chi lavora”, ha spiegato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni stamane in conferenza stampa. Meloni ha ricordato poi l’aumento della flat tax a 85mila euro e “l’introduzione della tassa piatta al 5% sui premi di produttività fino a 3mila euro contro il 10% previsto attualmente e fa il paio con estensione fringe benefit”
“Sulla flat tax ordinaria siamo intervenuti elevando il tetto da 65mila a 85mila euro, nel rispetto delle regole comunitarie. Quello che abbiamo fatto è anche una misura di contrasto all’elusione e a pratiche non certo ortodosse: prima il soggetto con i presupposti per la flat tax che nell’anno precedente aveva un ammontare inferiore a 65mila euro, nell’anno successivo poteva dichiarare anche un milione e pagare comunque il 15%: oggi non è più possibile, se superi la soglia già da quell’anno tu mi devi pagare tutte le imposte”, ha precisato il viceministro dell’economia Maurizio Leo. Oltre a questo, “in alternativa c’è la flat tax incrementale, che è uno degli aspetti più importanti nel programma centrodestra e ha una duplice finalità: contrastare l’evasione fiscale, e di stimolo alla crescita economica”.
In realtà non si capisce bene per quale ragione l’innalzamento della soglia massima dovrebbe scongiurare l’evasione fiscale. Non si fa altro che spostare su una cifra più elevata il punto che sollecita comportamenti di occultamento dei redditi al fisco. La recente, e a lungo attesa, Relazione sull’economia non osservata redatta dal ministero dell’Economia ha messo in luce “un incremento della propensione al gap (la differenza tra gettito presunto ed effettivamente registrato, ndr) dovuta al fatto che alla riduzione degli importi dichiarati, determinata dall’estensione del regime forfettario, non risulta associata un’altrettanto marcata riduzione del gap d’imposta”. In termini più semplici la flat tax ha accresciuto e non diminuito la propensione all’evasione fiscale. Le misure arrivano peraltro in una fase di elevata inflazione (11,9%) che verosimilmente si tradurranno, almeno in parte, in un incremento dei ricavi nominali delle partite Iva in grado di scaricare sui clienti i maggiori costi. L’effetto reale del nuovo regime fiscale rischia quindi di essere in concreto molto ridimensionato.
Speciale legge di bilancio
Flat tax estesa fino a 85mila euro per le partite Iva. Un dipendente pagherà fino a 10mila euro di tasse in più rispetto ad un autonomo
La manovra introduce anche una flat tax incrementale, sempre del 15% e sempre per le sole partite Iva. In sostanza il prelievo "piatto" si applica agli incrementi di reddito rispetto al triennio precedente fino a 40mila euro
Nel testo della legge di Bilancio licenziata dal Consiglio dei ministri trova posta anche l’annunciato, piccolo, ampliamento della flat tax. Ossia la tassa piatta con un’aliquota unica, in questo caso del 15%, che si applica indipendentemente dal reddito del contribuente azzerando la progressività del prelievo. In particolare sale da 65mila a 85mila euro la soglia dei ricavi o dei compensi entro cui le partite Iva possono ricorrere a questo regime. In termini di platea non cambia molto, agli attuali 2,1 milioni titolari di partite Iva beneficiari della tassa piatta se ne aggiungono 100mila ma il costo della misura è di 281 milioni di euro ogni anno. La riforma introduce trattamenti fiscali fortemente differenziati tra lavoratori dipendenti e autonomi con redditi paragonabili. Come ha sottolineato su Twitter l’economista, deputata Pd ed ex viceministra del Lavoro Maria Cecilia Guerra, un dipendente o un pensionato finirebbero con il versare fino a quasi 10mila euro di tasse in più rispetto a una partita Iva.
Il calcolo richiede alcune spiegazioni che la professoressa Guerra ha fornito a Ilfattoquotidiano.it. Un titolare di partita Iva (ad esempio un avvocato) è sottoposto ad un regime di costi forfettari del 22% (indipendentemente da quelli effettivi) che devono essere sottratti ai ricavi. A cui vanno poi tolti anche i contributi. Fatti i dovuti calcoli rimangono appunto 53.703 euro e a questa cifra si applica la flat tax del 15% per un prelievo che ammonta a 8.055 euro. Un dipendente con lo stesso reddito è invece sottoposto non solo alle ordinarie aliquote Irpef (nella parte sopra i 50 mila euro del 43%) ma anche alle addizionali Irpef comunali e regionali che in città come Roma o Milano incidono in misura non indifferente. Il risultato finale è che un dipendente che abita nella capitale si trova a pagare imposte per 18.019 euro, quasi 10mila euro in più rispetto al lavoratore autonomo, ad esempio un avvocato. Questa evidente disparità di trattamento potrebbe peraltro indurre lavoratori dipendenti a passare ad un rapporto di collaborazione con partita Iva, aumentando le difficoltà per le casse dell’Inps.
La manovra introduce anche una flat tax incrementale, sempre del 15% e sempre per le sole partite Iva. In sostanza il prelievo “piatto” si applica agli incrementi di reddito rispetto al triennio precedente fino a 40mila euro. Qualora si dovessero superare i 100mila euro di incassi annui si torna però in automatico al regime di tassazione ordinario e progressivo.
Nella manovra ci sono “tre tasse piatte”, tra cui quella “sui redditi incrementali alle partite Iva che hanno una tassa piatta del 15% sul maggiore utile conseguito rispetto al triennio precedente con soglia massima 40 mila euro, il che dimostra che si tratta di una misura rivolta al ceto medio, che non favorisce i ricchi e riconosce i sacrifici di chi lavora”, ha spiegato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni stamane in conferenza stampa. Meloni ha ricordato poi l’aumento della flat tax a 85mila euro e “l’introduzione della tassa piatta al 5% sui premi di produttività fino a 3mila euro contro il 10% previsto attualmente e fa il paio con estensione fringe benefit”
“Sulla flat tax ordinaria siamo intervenuti elevando il tetto da 65mila a 85mila euro, nel rispetto delle regole comunitarie. Quello che abbiamo fatto è anche una misura di contrasto all’elusione e a pratiche non certo ortodosse: prima il soggetto con i presupposti per la flat tax che nell’anno precedente aveva un ammontare inferiore a 65mila euro, nell’anno successivo poteva dichiarare anche un milione e pagare comunque il 15%: oggi non è più possibile, se superi la soglia già da quell’anno tu mi devi pagare tutte le imposte”, ha precisato il viceministro dell’economia Maurizio Leo. Oltre a questo, “in alternativa c’è la flat tax incrementale, che è uno degli aspetti più importanti nel programma centrodestra e ha una duplice finalità: contrastare l’evasione fiscale, e di stimolo alla crescita economica”.
In realtà non si capisce bene per quale ragione l’innalzamento della soglia massima dovrebbe scongiurare l’evasione fiscale. Non si fa altro che spostare su una cifra più elevata il punto che sollecita comportamenti di occultamento dei redditi al fisco. La recente, e a lungo attesa, Relazione sull’economia non osservata redatta dal ministero dell’Economia ha messo in luce “un incremento della propensione al gap (la differenza tra gettito presunto ed effettivamente registrato, ndr) dovuta al fatto che alla riduzione degli importi dichiarati, determinata dall’estensione del regime forfettario, non risulta associata un’altrettanto marcata riduzione del gap d’imposta”. In termini più semplici la flat tax ha accresciuto e non diminuito la propensione all’evasione fiscale. Le misure arrivano peraltro in una fase di elevata inflazione (11,9%) che verosimilmente si tradurranno, almeno in parte, in un incremento dei ricavi nominali delle partite Iva in grado di scaricare sui clienti i maggiori costi. L’effetto reale del nuovo regime fiscale rischia quindi di essere in concreto molto ridimensionato.
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tweet invecchiati male: un sottosegretario alla giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando un tweet di Andrea Delmastro del 2015 in cui scriveva: "Renzi contro la magistratura. Esiste qualcosa che non sappia di berlusconismo con 20 anni di ritardo? #figliodiberlusconi".
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.