Definisce il risultato della ricerca “inquietante” e giudica “moralmente inaccettabile” il fatto che 140mila under 30 percepiscano il reddito di cittadinanza pur non avendo completato l’obbligo del percorso scolastico. Insomma: se non tornano tra i banchi, perderanno il sussidio statale che il governo Meloni ha appena rimpicciolito nella manovra prevedendo la sua cancellazione nel 2024. Non fosse bastata l’uscita sui lavori socialmente utili da imporre agli studenti che non hanno la capacità di rispettare le regole, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ne piazza un’altra destinata a far discutere.
La proposta parte da un dato, ricavato da una ricerca commissionata proprio nell’ambito della modifica del reddito di cittadinanza, che ha fotografato la situazione dei percettori del sussidio per fasce anagrafiche: “Ci sono 364.101 percettori di reddito di cittadinanza nella fascia compresa tra i 18 e i 29 anni”, spiega il ministro. In realtà, stando all’ultimo rapporto Anpal sul reddito di cittadinanza, gli “occupabili” nella fascia fino a 29 anni sono 224.108 (su un totale di 274.245). In ogni caso, al di là della cifra di partenza, ecco quella che Valditara definisce la “scoperta”: sono 11.290 i percettori che possiedono “soltanto la licenza elementare o addirittura nessun titolo” e altri 128.710 “soltanto il titolo di licenza media”. È “inaccettabile moralmente” che queste persone rientrino tra coloro che possono ricevere il reddito: “Significherebbe – ha detto – legittimare e addirittura premiare una violazione di legge”.
La mossa? “Noi riteniamo si debba prevedere l’obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale nel caso di persone con titolo di studio superiore ma non occupate né impegnate in aggiornamenti formativi, pena in entrambi i casi la perdita del reddito, o dell’eventuale misura assistenziale che dal 2024 lo sostituirà”. Il giudizio di Valditara è netto: “Questi ragazzi preferiscono percepire il reddito anziché studiare e formarsi per costruire un proprio dignitoso progetto di vita”. La proposta scaturita alla luce del risultato “sorprendente e inquietante” della ricerca, sostiene il ministro, “mostra come la parola Merito nella visione mia e del governo non sia un orpello retorico, ma costituisca un preciso indirizzo politico”.