Ora che il governo Meloni ha ufficializzato la volontà di togliere il reddito di cittadinanza a persone che solo sulla carta sono “occupabili“, chi si occupa del contrasto all’indigenza è davvero preoccupato. E prega la maggioranza di prendere contatto con la realtà. “Preoccupante annunciare la soppressione di una misura di contrasto alla povertà a partire dal 2024 senza delineare alcuna ipotesi di sostituzione. Intervento che tra l’altro andrebbe a definirsi in un periodo che si preannuncerebbe di recessione“, rileva l’Alleanza contro la Povertà, che da settimane chiede al governo di non affossare lo schema di reddito minimo garantito che consente a milioni di persone di sopravvivere. “La logica non può essere quella di tagliare uno strumento, ma di renderlo più efficiente ed efficace. Da tempo l’Alleanza sostiene che sono certamente necessarie modifiche per migliorare il Rdc per rispondere alla crescente popolazione in condizione di bisogno. Si tratta di modifiche che vanno dall’ampliamento della platea degli aventi diritto all’adeguamento degli importi in relazione all’aumento del costo della vita fino al rafforzamento effettivo dei percorsi di politiche attive del lavoro“.
L’annunciata soppressione del sussidio colpisce “quelle famiglie in povertà in cui il componente abile al lavoro risulterebbe colpevolizzato rispetto al fatto di non riuscire ad essere occupato entro 8 mesi”, sottolinea il gruppo in cui siedono associazioni che vanno da ActionAid e Save the children ai sindacati all’Anci, passando per Comunità di Sant’Egidio e Forum Nazionale del Terzo Settore. Ma l’occupabilità dei circa 600mila percettori coinvolti è del tutto relativa, ricordano le Acli, secondo cui delle Acli “l’abolizione del Rdc non è guerra a povertà ma guerra ai poveri”.
“Tanti percettori del Rdc”, scrive l’associazione cattolica, “sono over 50, difficilmente reinseribili in un circuito di formazione e poi di ricerca lavoro, perché la povertà non è quasi mai solo di natura economica: non bastano perciò le misure monetarie, e noi lo abbiamo detto fin da subito, quando dal Reddito di Inclusione si passò al Reddito di cittadinanza, perché la presa in carico delle persone in difficoltà rispende ad un bisogno immediato a cui però poi bisogna dare un seguito, creando infrastrutture di welfare permanenti, che si occupino di una persona a 360 gradi”. Non solo: “Non possiamo dimenticare che in Italia i poveri assoluti si trovano anche all’interno di famiglie con un una persona occupata e che tanti lavoratori percepiscono uno stipendio così basso che non è sufficiente a garantire una vita dignitosa a loro e al nucleo familiare a loro carico. Siamo sicuri che il problema sia solo quello dell’occupabilità?”
L’Alleanza aggiunge che “ridurre la durata per il 2023 e rendere più stringenti le condizioni per i lavoratori considerati occupabili è un intervento che non tiene conto di tutti i dati ufficiali e dei principali studi che mostrano quanto la platea presa in considerazione abbia bisogno di essere inserita in adeguati e supportati percorsi di formazione e riqualificazione, di inserimento lavorativo o di promozione dell’auto-imprenditorialità cooperativa”. Per questo al governo viene chiesto un incontro “per meglio definire un percorso che tenga conto delle necessità e le priorità da affrontare per dare risposta ai milioni di persone che vivono in condizioni di povertà”.
“C’è anche in ballo la questione degli immigrati“, rinfrescano poi la memoria le Acli. “Il Rdc era destinato a chi poteva dimostrare 10 anni di residenza nel nostro paese, per noi tale soglia andava abbassata a 2 anni. Non si può abolire una norma a causa di chi ha infranto la legge e ha percepito il sussidio ingiustamente, perché seguendo questo principio non bisognerebbe neanche chiedere le tasse, visto che esistono da sempre coloro che le evadono“, proseguono. “Ci riserviamo di approfondire il testo e di capire quale sarà poi la norma definitiva e, soprattutto, quali riflessi avrà nel tempo ma siamo fin da ora a disposizione per dare il nostro contributo al Parlamento in ottica di un miglioramento del Reddito di Cittadinanza ma abolire un sussidio che aiuta 3 milioni e 380 mila individui è ingiusto e rischioso per la tenuta sociale del paese”.