Ai Mondiali di Qatar 2022 ilfattoquotidiano.it tifa Marocco: le ragioni della nostra iniziativa (leggi)

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Generalmente parlando, la rappresentazione che il Marocco evoca nella mente di chi vive nell’Occidente è quasi sempre legata a quella dell’immaginario collettivo, che descrive il paese arabo (un po’ come tutti gli altri paesi del Medio Oriente e del Nordafrica) come un grande deserto, con palme, dromedari e mercati caratteristici sempre affollati, immagini che alimentano quella percezione tutta nostrana di un luogo esotico, da noi lontano nello spazio e nel tempo. Il Marocco è invece una realtà molto più complessa e “assomiglia ad un albero le cui radici feconde affondano profondamente nella terra d’Africa e che respira grazie al suo fogliame frusciante ai venti dell’Europa. E però la vita del Marocco non è solo verticale. Essa si estende orizzontalmente verso l’Oriente, al quale siamo uniti da legami culturali e cultuali secolari”. Così infatti il re Hassan II descrive il paese nordafricano nel suo libro di memorie, una sintesi perfetta di quello che è al-Maghrib al-Aqsa (“l’estremo occidente”, come viene chiamato dagli arabi): crocevia di popoli, etnie e culture, che ha visto quali attori importanti della sua storia, tra gli altri, anche l’Italia e gli italiani.

I rapporti tra l’Italia e il Marocco
L’inizio dei rapporti tra il Regno del Marocco e il Regno d’Italia risale al 1873 quando Stefano Scovasso, già Console Generale a Tangeri, riceve le credenziali di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario e si reca a Fès per presentarle all’allora Sultano del Marocco Hassan I. In realtà già prima dell’unificazione dell’Italia nel 1861 le relazioni bilaterali tra le repubbliche marinare di Genova, Pisa e Venezia e le dinastie che hanno governato il paese nordafricano erano forti e solide, basate soprattutto sul commercio. Sotto il regno della dinastia merinide (1269-1465), le navi italiane fanno scalo nei porti di Ceuta, Asilah, Larache, Salé e Anfa (l’attuale Casablanca), dove i mercanti andavano a comprare grano e orzo. All’epoca dei Saadiani (1554-1626) il sultano Ahmed Al Mansour Eddahbi nomina, nel 1602, il mercante Rodrigo di Mansciana come suo rappresentante a Venezia, e offre aiuto e sicurezza alle navi provenienti dalla penisola italiana, oltre che a passeggeri e mercanzie. Tra il 1763 e il 1784, sotto il regno del Sultano Mohammed Ben Abdellah (dinastia Alawide), vengono firmati accordi di pace anche con il Regno delle Due Sicilie e con il Regno di Sardegna dei Savoia.

La storia migratoria tra l’Italia e il Marocco
Ma oltre ai rapporti diplomatici, i due Stati hanno avuto anche una lunga storia migratoria comune. La prima grande ondata migratoria italiana verso il Marocco ha avuto luogo nel 1925. Negli anni ‘30 gli italo-marocchini, quasi tutti di origine siciliana, erano oltre 20mila ed abitavano prevalentemente il quartiere Maarif di Casablanca, detto addirittura Petite Italie (Piccola Italia in francese) perché abitato per oltre il 60% da italiani o loro diretti discendenti. Nei primi anni ‘50 vi fu poi una piccola ripresa dell’emigrazione italiana, che fece di nuovo crescere la comunità, scesa a meno di 10mila italiani nel 1945, anche per via del fatto che numerosi italo-marocchini acquisirono la cittadinanza francese. Con la decolonizzazione molti italo-marocchini lasciarono però il Marocco tanto che, secondo i dati nell’Aire, nel 2007 erano solo 1.628 gli italiani residenti nel Marocco e 30mila i marocchini con ascendenza italiana.

Gli anni ‘80 hanno segnato però una svolta nella storia della migrazione dell’Italia, che, da paese di emigrazione è diventata meta privilegiata di una crescente immigrazione, anche di marocchini. In particolare, l’afflusso dei marocchini in Italia, legato alle politiche migratorie messe in atto dopo la crisi petrolifera del 1973, continua più intensamente nei successivi decenni, fino ad arrivare nel 2009 a circa 500mila presenze, l’11% di tutti gli stranieri presenti nel Paese. Prima della crisi economica del 2008, la comunità marocchina rappresentava la terza comunità straniera dopo quelle provenienti dalla Romania (18,2%) e l’Albania (11,7%). Secondo invece un rapporto del 2021 del Ministero del Lavoro, circa 397mila cittadini marocchini risiedono attualmente in Italia, al primo posto per presenze di stranieri tra i paesi non comunitari. Come la maggior parte delle comunità straniere presenti in Italia, anche quella marocchina mostra un calo delle presenze da collegare soprattutto alle acquisizioni di cittadinanza. Tra il 2012 e il 2019 su oltre 971mila cittadini non comunitari che hanno acquisito la cittadinanza italiana per residenza, matrimonio o trasmissione/elezione, 190mila erano marocchini. L’elevata incidenza di cittadini di origine marocchina tra i neocittadini italiani è indicativa, infatti, del forte radicamento della comunità sul territorio e del conseguente processo di stabilizzazione, trattandosi infatti di una delle comunità dalla più lunga storia migratoria nel nostro Paese.

La comunità marocchina in Italia
Intorno alla fine degli anni ‘80, dalla politica alla percezione dell’opinione pubblica, il fenomeno dell’immigrazione inizia a prendere forma e l’aggettivo “marocchino” inizia ad essere utilizzato come sinonimo di “migrante”, “straniero”, “africano”. I primi marocchini ad arrivare in Italia erano quasi sempre uomini, emigrati dalle campagne che, senza specifiche qualifiche di lavoro, trovavano impiego come venditori ambulanti, lavavetri e braccianti. Negli anni ‘90 però i flussi iniziano a provenire anche dalle città, fattore che porta a una migrazione connotata da un superiore livello di istruzione o di qualifica professionale. In questi anni la comunità cresce esponenzialmente: il fattore che determina questa crescita è il ricongiungimento familiare, che vede aumentare il numero delle donne che, con la loro presenza e quella dei figli, portano i marocchini a diventare una comunità più stabile e maggiormente integrata rispetto alle fasi precedenti. Con la crescita della comunità, il lavoro dei marocchini in Italia cambia anche radicalmente la sua fisionomia. Tra il 2007 e il 2011 si registra infatti un forte aumento delle imprese individuali con titolare straniero, che incrementano del 51,1% (da 165.114 a 249.464) e, secondo gli ultimi dati disponibili, i marocchini sono i primi tra gli imprenditori stranieri con 68mila imprese gestite, pari al 18,2% del totale. Accanto però a questi dati è importante sottolineare che ancora oggi è presente un forte discrimine nel coinvolgimento delle donne marocchine nel mondo del lavoro: infatti solo il 23,1% della popolazione appartenente al genere femminile trova impiego, a fronte del 62,6% di quella maschile.

Infine, la presenza sempre più evidente di minori stranieri nelle scuole, frutto della crescita dei nuclei familiari, accompagna i segnali di stabilizzazione dei migranti in Italia. Secondo i dati del ministero del Lavoro, in riferimento alla comunità marocchina gli studenti iscritti all’anno scolastico 2020/2021 sono 109mila, pari al 16% circa della popolazione scolastica non comunitaria nel suo complesso. Anche nell’ambito dell’istruzione universitaria si registra un aumento della presenza di studenti di nazionalità marocchina che risultano essere nell’anno accademico 2020/2021 il 5,7% in più rispetto all’anno precedente, pari a 3.350 studenti che rappresentano il 4,1% degli studenti universitari non comunitari. Un dato rilevante però è soprattutto quello del tasso di interruzione degli studi nella popolazione marocchina con età compresa tra i 18 ed i 24 anni: ben il 50,1%, a fronte dell’11% della popolazione italiana, abbandona infatti la scuola, a sottolineare una maggiore vulnerabilità di questa componente della popolazione giovanile presente nel Paese, nonché la necessità di rafforzare il sistema scolastico ed educativo.

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