Il 18 gennaio 2017 una valanga, dopo il terremoto, spazzò via l'hotel e la vita di 29 persone. Le responsabilità del Comune di Farindola, della provincia di Pescara e della Regione Abruzzo secondo la procura
Le responsabilità di Comune e provincia, ma non solo. La tragedia del hotel Rigopiano, quando una valanga dopo il terremoto spazzò via l’hotel e la vita di 29 persone il 18 gennaio 2017, è stato il “fallimento di un intero sistema: l’omessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992. La Carta valanghe era un compito che spettava ai dirigenti della Regione Abruzzo, e quell’idea tempestiva e lungimirante è rimasta una buona intenzione senza risultati. Si è trattato di un ritardo inaccettabile”. Il pm di Pescara, Andrea Papalia, durante la prima giornata della requisitoria per il processo, sottolinea le responsabilità delle strutture regionali. “Da questo ritardo si deve partire, perché di questa responsabilità si deve rispondere penalmente”.
Le presunte responsabilità dei dirigenti del Comune di Farindola e della Provincia di Pescara sono stati descritti dal pm Anna Benign. In sostanza al sindaco Lacchetta e ai dirigenti comunali è stato contestato di non aver contrastato il rischio valanga a fronte di una specifica normativa neutralizzando le fonti di pericolo: se così fosse stato non sarebbe avvenuto il disastro. Nello specifico non fu attivata la Commissione valanghe del Comune, non fu messo in pratica il Piano Emergenze, e gli strumenti urbanistici preventivi quali interventi antivalanghivi con delle barriere protettive. Non solo: avrebbero dovuto attivarsi per lo sgombero dell’hotel dopo l’ordinanza di chiusura delle scuole del territorio e non invece, come fece il sindaco Ilario Lacchetta, accompagnare gli ospiti nel resort la sera prima. Nel caso della Provincia le omissioni riguardano specificatamente la strada provinciale n.8: in primis per non aver monitorato le condizioni della strada stessa, perché se fosse stata libera dalla neve gli ospiti dell’hotel avrebbero avuto la possibilità di lasciarlo dopo le scosse di terremoto. A ciò si aggiunge non aver provveduto a sostituire la turbina rotta, la quale già avrebbe potuto essere messa in campo alle ore 7 del mattino della tragedia, e avrebbe forse evitato le morti, e non aver chiuso la strada con la conseguente dichiarazione di inagibilità dell’hotel che avrebbe imposto l’evacuazione. A ciò si aggiunge che tutti gli imputati entrano nella storia processuale per essere in qualche modo investiti di responsabilità legate alla Protezione Civile e che le condizioni della strada erano di competenza della Provincia.
La strada provinciale “è diventata una trappola. È come se un gestore di una discoteca facesse entrate tutti, sbarra le porte poi scoppia un incendio. La provinciale n.8 per Rigopiano era l’unica via di fuga” ha detto Benigni. Nella sua requisitoria ha puntato il dito sulla perfetta conoscenza di una situazione meteo “non paragonabile con quella ben conosciuta del 2015 nella stessa Rigopiano, allerta meteo di cui erano consapevoli in Provincia di Pescara”. Il pm ha ricordato come i dirigenti provinciali fossero a conoscenza della rottura dell’unica turbina spazzaneve disponibile in zona, come pure della mancanza di richieste per sostituirla, magari con un mezzo dell’Anas. “La Provincia sapeva che senza una turbina quella strada non avrebbe potuto essere liberata – ha detto Benigni – eppure nulla viene fatto. Quando al mattino i clienti vengono colti da paura per la scossa di terremoto niente viene fatto. Abbiamo chat che ci fanno capire come lassù fosse tutto bianco, un muro bianco, che era impossibile vedere i confini di nulla”. Ma per l’accusa la vicenda della strada si collega con i comportamenti del sindaco di Farindola, Lacchetta, il quale “già dal 15 gennaio sa, sta nei suoi messaggi sulla chat tra Provincia e sindaci, che le ‘previsioni sono catastrofiche’, addirittura chiude le scuole, ma poi si attiva per chiedere alla Provincia di pulire la strada il 17 gennaio per portare i clienti su in hotel. E ringrazia poi il presidente della Provincia Di Marco”. “L’episodio di Rigopiano è all’interno di un periodo di forti perturbazioni, di un maltempo notevole. I due episodi di maltempo di quel gennaio 2017 furono correttamente comunicati agli enti preposti dagli organi competenti, non ci sono dubbi. Il sistema di allerta meteo ha funzionato”. E quindi, ha insistito Benigni, “è specifico compito del sindaco di Farindola controllare il bollettino Meteomont”.
Oggi per la prima volta in aula, dopo oltre due anni di processo, sono stati fatti tutti i nomi delle vittime della tragedia di Rigopiano e mostrati anche i loro volti. Tra i numerosi parenti delle 29 vittime c’è stata commozione durante l’’appello e lacrime, “è come se ci fossimo riappropriati del processo, ci ha molto colpito il gesto non scontato del pm, ci ha fatto piacere in qualche modo”. “Il dolore che tutti hanno provato di fronte a questa tragedia è stato il motore di questo ufficio, e a questo dolore vogliamo dare una risposta – ha detto in un passaggio il Anna Benigni – Non sempre gli enti hanno a cura l’incolumità o l’interesse collettivo – ha successivamente detto il pm citando anche le vicende di Sarno e Genova – Comune o Prefettura, per esempio, avrebbero dovuto fare il loro dovere o impedendo la costruzione dell’hotel o evacuando la struttura, così come l’unica strada disponibile avrebbe dovuto essere pulita e questa era l’ultima possibilità di salvare le persone dell’hotel di Rigopiano”.