Una colpo alla direttiva europea contro all’antiriciclaggio. È quello arrivato dall’ultima sentenza della corte di Giustizia Ue, riunita in Grande sezione. Si tratta dell’istituzione creata per garantire l’osservanza l’interpretazione e l’applicazione del diritto comunitario da parte dei Paesi membri. Martedì 22 novembre i giudici del Lussemburgo hanno considerato non valida la disposizione della direttiva per la quale gli Stati fanno in modo che le informazioni sulla titolarità effettiva delle società e delle altre entità giuridiche costituite nel loro territorio siano accessibili in ogni caso al pubblico.
La sentenza riguarda la vicenda di una società e del suo titolare che avevano fatto causa al Registro delle Imprese del Lussemburgo, chiedendo di limitare l’accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva dell’azienda. Secondo la Corte, l’accesso del pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva costituisce una “grave ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali”. Infatti, osservano i giudici, le informazioni divulgate consentono a un numero “potenzialmente illimitato” di persone di informarsi sulla situazione materiale e finanziaria del titolare effettivo. Inoltre, le potenziali conseguenze per le persone interessate derivanti da un eventuale uso abusivo dei loro dati personali sono aggravate dalla circostanza che, una volta messi a disposizione del pubblico, i dati possono essere non solo liberamente consultati, ma anche conservati e diffusi.
La Corte riconosce che, con questa misura, il legislatore dell’Unione mira a prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, creando un ambiente più trasparente e meno propizio a operazioni simili. Un obiettivo di interesse generale, secondo i giudici del Lussemburgo. Tuttavia, garantire l’accesso del pubblico ai dati sulla titolarità effettiva delle società registrate in ogni caso e senza limiti, la corte non è “né limitata allo stretto necessario né proporzionata all’obiettivo perseguito”.