Sabato 3 dicembre, al Castello di Sarre, si concluderanno le celebrazioni per il centenario del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Durante gli scorsi mesi si è assistito a un ricco programma di eventi, iniziato a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica, insieme ai rappresentanti di tutti i Parchi Nazionali italiani, tra cui il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, che compirà anch’esso un secolo di vita il prossimo gennaio.

Tutto bene. I parchi d’Italia hanno un progenitore ed è giusto che venga debitamente festeggiato. Però, data la circostanza, sarebbe opportuno porsi di fronte a una riflessione più ampia che riguarda, oggi, il ruolo delle aree protette. Che ruolo hanno i parchi nazionali? È lo stesso di cento anni fa?

Quello del Granpa era nato sotto il fascismo, sui modelli dei grandi parchi nazionali americani. E la parola “nazionale” dava il senso dell’operazione. Ovvero, creare un luogo in cui preservare la “bellezza” appartenente alla nazione, come i musei o le pinacoteche che conservano le meraviglie in cui un popolo si riconosce. La vigente legge istitutiva delle aree protette (1991) si prefigge di studiare e preservare la biodiversità e di “promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese” (Art. 1). Ed è qui che veniamo al punto.

Oggi che siamo chiamati a un profondo ripensamento del rapporto con lo spazio e con le nostre vite si può ancora mettere al centro della causa ambientale un’area ristretta come un parco? La battaglie ambientaliste di un tempo che puntavano sulle aree protette e sulla loro proliferazione appaiono superate.

Nelle emergenze planetarie che stiamo affrontando, i parchi come quello del Granpa – che è stato diretti con grandi capacità, da Renzo Videsott fiano a Bruno Bassano – avranno ancora un ruolo rilevante, ma diverso da prima. A loro verrà riconosciuta sempre più una funzione testimoniale, consolatoria. Importante, certo, ma marginale rispetto agli obiettivi dirimenti che si pone la coscienza ambientale più vigile.

Agire a favore dell’ambiente significherà sempre più assumere una visione olistica della Terra, la più contemporanea e consapevole, in cui “tutto si tiene”. Tutto collabora allo stesso destino e niente è separato dal resto. I confini di un parco vogliono dire sempre meno. Una città e un’area protetta si trovano sulla stessa barca che sta andando a schiantarsi. E oggi, salvare la natura, significa soprattutto cambiare i comportamenti collettivi in città.

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