Le mani sui rifiuti e i fanghi di scarto, di concerie delle pelli e di lavorazione dell’oro. Le mani della cosca di ‘ndrangheta Gallace di Guardavalle sarebbero arrivate a fare affari e stringere accordi su due dei settori più importanti dell’economia della Toscana. Sono 38 le persone a cui la Procura distrettuale antimafia di Firenze ha notificato gli avvisi di chiusura delle indagini nell’ambito delle inchieste ‘Calatruria’ (12 indagati) e ‘Keu’ (26 indagati) coordinate dal procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, e collegate fra loro. Sono coinvolti, oltre a esponenti della ‘ndrina, anche politici e dirigenti di enti pubblici. I reati ipotizzati dalla Dda sono, a vario titolo, associazione a delinquere, estorsione con metodo mafioso, violenza e minaccia, traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale, corruzione anche in materia elettorale, indebita erogazione di fondi pubblici ai danni della pubblica amministrazione, di falso e di impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari.
Nei confronti di uno degli imprenditori coinvolti, legato alla cosca della mafia calabrese, il tribunale di Firenze ha emesso a gennaio 2022 un sequestro beni da 5 milioni di euro su richiesta della Dda per un procedimento di prevenzione collegato. L’inchiesta ‘Calatruria’, che nell’aprile del 2021 aveva già portato all’emissioni di 5 misure di custodia cautelare (4 in carcere e una agli arresti domiciliari), avrebbe consentito di far emergere “una propaggine ‘ndranghetista in fase di consolidamento, con individuazione della presenza sul territorio di esponenti di tale struttura mafiosa, proiettata a generare un regime di monopolio illecito nel trasporto degli inerti nella zona del Valdarno aretino”, nonché di ricostruire l’impiego del “metodo mafioso nella commissione di un’estorsione ai danni di un imprenditore di origine calabrese” e “in plurimi reati di illecita concorrenza con minaccia e violenza, finalizzati a estromettere e/o assoggettare alle proprie strategie commerciali gli altri imprenditori locali. In tale contesto è stata delineata anche un’ipotesi di corruzione”. Tra gli indagati figura anche un dipendente della Regione Toscana.
L’inchiesta ‘Keu’ – dal nome dell’inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli – ha già condotto ad aprile 2021 a 6 misure di custodia cautelare (una in carcere e 5 ai domiciliari), 7 misure interdittive dallo svolgere l’attività d’impresa, 2 sequestri di impianti di trattamento dei rifiuti e un sequestro preventivo per oltre 20 milioni di euro. Oltre ai 28 indagati sono 6 le persone giuridiche fra società, consorzi ed enti a cui la procura fiorentina addebita e contesta responsabilità per “illecito amministrativo da reato commesso dai propri rappresentanti, direttori e preposti”. Una parte significativa delle investigazioni ha riguardato la gestione dei rifiuti – reflui e fanghi industriali – prodotti nel distretto conciario tra le province di Pisa e di Firenze.
Esisterebbe un “sistema” per la gestione illecita dei rifiuti prodotti nel distretto che vedrebbe coinvolti l’Associazione conciatori e i singoli consorzi, “consapevoli, nell’ambito del rispettivo ruolo, dal conferitore allo smaltitore dei rifiuti prodotti, di far parte di un circuito collaudato e strutturato”. Tanto che i “soggetti di vertice di quello che appare essere un ‘sistema’ figurano anche nelle compagini societarie o amministrative delle società coinvolte”. Negli accertamenti successivi all’emissioni dei primi sequestri e misure cautelari – fanno sapere gli inquirenti – sarebbero emersi “ulteriori illeciti commessi da nuovi indagati, collegati ad altre due aziende della provincia di Arezzo, attive nella gestione dei rifiuti provenienti dalle lavorazioni auro-argentifere, le quali, analogamente a quanto emerso per l’illecita gestione del rifiuto Keu, proveniente dal comparto conciario pisano, hanno fatto confluire ingenti quantitativi di scorie pericolose, prodotte a conclusione del proprio ciclo produttivo, presso l’impianto di Bucine (Arezzo), ove erano miscelate proprio al suddetto Keu per poi essere interrate o destinate a siti esterni con modalità non consentite”.