Legami con imprenditori contigui a “un contesto di ’ndrangheta” con i quali, per anni, si è spartito lavori pubblici tra i più golosi in Lombardia, dalle opere milionarie per la costruzione della linea 5 della metropolitana di Milano, fino ai collegamenti ferroviari per l’aeroporto intercontinentale di Malpensa. L’imprenditore bergamasco Pierino Zanga ha giocato su più tavoli per almeno dieci anni, periodo in cui ha mostrato “la sua pericolosità sociale” inanellando decine di reati (mai aggravati dalla mafia), perlopiù finanziari, ma anche di corruzione. Ieri la sezione Misure di prevenzione presso il Tribunale di Milano, accogliendo la proposta della Procura e del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, ha disposto il sequestro di circa 6 milioni, di cui circa 2 già confiscati.

Denaro che per il tribunale, nel tempo, Zanga ha drenato da un reticolo societario riconducibile a prestanomi e schermato da società estere, veicolando i soldi dalla Svizzera fino a conti cifrati alle Bahamas e intestati ad anonime panamensi. A questo si aggiungono violazioni tributarie perlopiù previdenziali per circa 20 milioni. Zanga nel 2016 fu coinvolto nell’indagine Underground istruita dall’allora capo dell’antimafia Ilda Boccassini e dal Gico. Emerse già allora la capacità di Zanga e soci, alcuni legati alle ’ndrine tra le più influenti, di accaparrarsi attraverso la corruzione subappalti pubblici, anche nei lavori di Ferrovie nord.

Scrive la Procura: “Zanga emergeva quale dominus di una concatenazione aziendale, che per decenni risultava essersi avvicendata nell’esecuzione di lavori di subappalto finalizzati alla realizzazione di grandi opere di interesse pubblico”. L’imprenditore lombardo per quell’inchiesta è stato condannato in via definitiva per corruzione e associazione a delinquere. E successivamente anche per riciclaggio. Le ultime acquisizioni hanno dimostrato che Zanga ha messo insieme un tesoro immobiliare con “denaro illecito” detenuto da una società cassaforte intestata alla moglie e da una domiciliata negli Emirati Arabi. Tra gli immobili sequestrati anche i muri della splendida Locanda Armonia in provincia di Bergamo, oggi gestita da terze persone non coinvolte nella vicenda. Un vero sistema quello del “gruppo Zanga” che dal 2003 al 2013 ha aperto e chiuso società distraendo “parte delle risorse per reimpiegarle in altre attività collaterali come la stessa Locanda Armonia”.

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