Economia

Pensioni, rivalutazione piena solo per quelle fino a 2.100 euro. Chi prende di più perderà in media 100 euro al mese

La manovra rinnova le fasce di indicizzazione da tre a sei. “I pensionati italiani vengono trattati come un bancomat", commenta il segretario generale del Sindacato Pensionati Italiani della Cgil Ivan Pedretti. "Pensioni da 1.500-1.600 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono fatte passare per ricche. Il meccanismo di rivalutazione cancellato e riscritto senza uno straccio di confronto. Con questi soldi fanno condoni, aumentano il tetto del contante, favoriscono i furbi e gli evasori”

Il governo fa cassa sulle pensioni, riducendo – per quelle relativamente “alte” – gli aumenti previsti dal gennaio 2023 fino a fine 2024. Che già in partenza non sarebbero bastati per recuperare la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione galoppante, visto che il Tesoro due settimane fa aveva fissato a +7,3% l’adeguamento garantito per l’anno prossimo e come è noto i prezzi stanno ormai aumentando a doppia cifra. La bozza della manovra circolata mercoledì sera conferma le anticipazioni dei giorni scorsi: le fasce di indicizzazione delle pensioni raddoppiano, passando da tre a sei. Per le minime arriva un mini incremento aggiuntivo che le porterà a 570 euro dagli attuali 524. Ma a partire da quelle che superano di quattro volte il minimo – si parla quindi di 2.100 euro lordi – scattano riduzioni dell’adeguamento previsto a partire da gennaio.

Per gli assegni che vanno da quattro a cinque volte il minimo – fino a 2.620 euro lordi – la rivalutazione automatica si fermerà all’80% contro il 90% previsto dalla riforma del 1998 che avrebbe dovuto tornare in vigore nel 2023 dopo anni di congelamento parziale (fin dagli anni Novanta la perequazione di quelli superiori a tre volte il minimo non è piena ed è stata ripristinata solo in parte dal 2014 con il governo Letta). Sopra cinque volte il minimo, poi, l’adeguamento avrebbe dovuto salire per tutti i pensionati al 75%, ma la legge di Bilancio rivede decisamente al ribasso quella previsione. L’incremento si limiterà al 55% del dovuto tra cinque e sei volte il minimo (da 2.620 a 3.150), 50% tra sei e otto volte il minimo (da 3.150 a 4.200), 40% tra otto e dieci volte il minimo (da 4.200 a 5.200), 35% per chi prende più di dieci volte il minimo Inps (5.254 euro).

Rispetto al sistema a tre fasce, per chi ha pagato contributi tali da garantirgli un assegno che supera di cinque volte quello minimo ci saranno dunque penalizzazioni che rispetto ai tre scaglioni di cui si attendeva il ritorno in vigore variano da circa 40 euro mensili per la fascia tra quattro e cinque volte il minimo a oltre 200 euro per le pensioni più alte. Secondo una simulazione della Uil, una pensione da 2.600 euro lordi che con il tasso del 7,3% fissato dal Mef e la vecchia percentuale del 90% sarebbe cresciuta fino a 2.786 euro si rivaluterà invece a 2.751 euro, con una perdita di circa 34 euro al mese. Con una pensione da 3.100 euro si perderanno invece circa 89 euro al mese, mentre un pensionato da 3.600 lordi dovrà rinunciare a 110 euro al mese e chi ne prende 5.600 euro passerà a 5.743 euro, con un taglio di circa 207 euro al mese. Si tratta, per il sindacato, “di un sistema più penalizzante e meno equo, perché comporta una riduzione dell’intero importo della pensione e perché introduce forti penalizzazioni per chi ha importi di poco superiori alle varie soglie”.

“La manovra di bilancio del governo Meloni si finanzia con il taglio della rivalutazione delle pensioni e con la tassazione degli extra-profitti, peraltro già prevista e solo in parte aumentata”, commenta il segretario generale del Sindacato Pensionati Italiani della Cgil Ivan Pedretti. “I pensionati italiani vengono quindi trattati come un bancomat e alla stregua di aziende che fatturano miliardi di euro. Pensioni da 1.500-1.600 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono fatte passare per ricche. Il meccanismo di rivalutazione, una conquista del sindacato, cancellato e riscritto senza uno straccio di confronto. Con questi soldi fanno condoni, aumentano il tetto del contante, favoriscono i furbi e gli evasori. Risponderemo”.

Un contentino arriva solo per le fasce più basse, che saranno rivalutate del 120% considerato che al 7,3% previsto dal decreto ministeriale firmato il 9 novembre da Giancarlo Giorgetti si aggiungerà un ulteriore 1,5% (che sale al 2,4% nel 2024). Per i pensionati al minimo questo si traduce in un aumento di 46 euro mensili. Non poco in proporzione alla cifra di partenza, ma molto deludente se si considera che Forza Italia nel proprio programma elettorale aveva promesso l’innalzamento a 1000 euro.