di Carmelo Sant’Angelo

Il 18 giugno del 1349, re Edoardo III d’Inghilterra approvò l’Ordinanza dei Lavoratori, uno statuto medievale considerata la prima legge sui poveri. L’anno prima era sbarcata in Inghilterra la peste bubbonica, la terribile “peste nera”, che fece, in Europa, un terzo di morti. Londra contò tra i 25 mila e i 50 mila decessi, su una popolazione di 125 mila abitanti. Nella diocesi di York morì il 40% del clero. John Clyn, l’ultimo monaco ancora in vita in un convento irlandese, poco prima di morire vergò di suo pugno una prece: possa sopravvivere almeno un uomo capace di portare avanti la cronaca che lui aveva, fino ad allora, tenuto.

Il crollo demografico ebbe un effetto immediato: l’aumento della domanda della forza lavoro, a cui seguì un aumento delle retribuzioni. Ciò causò una spirale inflattiva, a fronte della maggiore quantità pro-capite di moneta spendibile e dell’aumento del costo di produzione dei beni. La nobiltà terriera inglese si trovò di fronte ad un terribile dilemma: incrementare le retribuzioni per accaparrarsi i pochi lavoratori rimasti o, in alternativa, lasciare i terreni incolti? Il re si premurò di venire in loro soccorso. Ben consigliato dai prelati e dai nobili della sua curia, emanò la suddetta Ordinanza, “migliorata”, due anni dopo, con lo Statuto dei lavoratori.

Il provvedimento congelò i salari al livello pre-peste, proibendo ai datori di lavoro di offrire (e ai dipendenti di chiedere) salari superiori a quelli pagati dal “ventesimo anno del nostro regno d’Inghilterra, o cinque o sei altri anni comuni prima di prima” (cioè, quelli praticati dal 1332 al 1338, 16 anni prima della peste). Faceva, inoltre, obbligo allo sceriffo di ogni contea di imprigionare tutti gli uomini e le donne che, nonostante fossero abili al lavoro, risultassero disoccupati.

Se il contenuto potrebbe apparire (“ai soliti comunisti”) discutibile, la parte motiva dell’Ordinanza aveva almeno il pregio della chiarezza. Il re intendeva scoraggiare l’ozio, perché era notorio che alcuni individui abili stavano scegliendo di “mendicare nell’ozio”, piuttosto che lavorare. “Molti robusti mendicanti, finché possono vivere mendicando, rifiutano di lavorare, dandosi all’ozio e al vizio, e talvolta al furto e ad altre abominazioni”. Era indubbiamente un atteggiamento che meritava, oltre alla galera, anche la riprovazione sociale. Per tale motivo era proibito elargire l’elemosina ai mendicanti oziosi, affinché l’accattonaggio non diventasse più redditizio del lavoro.

Nonostante i nobili sforzi del re, anche in Inghilterra ci doveva essere qualche “furbetto” che continuava a farsi mantenere dalla comunità fingendosi inabile al lavoro. Le cronache raccontano di un tale che si metteva del sapone in bocca, per poter “schiumare”, alla vista dello sceriffo, fingendo un attacco epilettico. I soliti inglesi che rubano il lavoro ai furbi italiani! Per arginare questa deriva “anti-patriota”, nel 1388, fu emanato lo Statuto di Cambridge, che distingueva tra mendicanti robusti e poveri infermi, e successivamente, con il Vagabonds Act del 1531, si stabilì che per mendicare, oltre a essere inabili al lavoro, occorreva anche un’autorizzazione del giudice.

Il 22 novembre 2022, il Presidente del Consiglio italiano, dopo un’epidemia di Covid che ha mietuto vittime in misura superiore tra gli esclusi dalla forza lavoro, decide di eliminare il reddito di cittadinanza a favore dei “robusti” anche se non oziosi, atteso che per molti il reddito è un’integrazione del loro salario. Non potendo, poi, portare le paghe al livello di 15 anni prima reintroduce i voucher. Tra Edoardo e Giorgia chi è più illuminato? Chi spinge a cercare lavoro in un mercato in cui la domanda supera l’offerta oppure chi sfida un cittadino a trovare un’occupazione in un Paese in cui la disoccupazione giovanile è al 21,2% e il tasso d’inattività al 34,8%? (Istat, agosto 2022). Chi costringe ad accettare un salario da fame o chi ti costringe ad accettare la fame?

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