Anche se le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici nei paesi dell’area europea hanno registrato un calo, anche grazie alla pandemia, e il numero di persone che muoiono prematuramente o si ammalano è in calo, l’inquinamento dell’aria resta il più grande rischio ambientale per la salute in Europa. E anche in Italia che registra alcune delle più alte concentrazioni di inquinanti, nonostante le riduzioni dovute ai lockdown, trovandosi spesso a superare i limiti imposti dalle norme e a raggiungere valori vicini a quelli di Paesi come Bulgaria, Polonia e Turchia. Sono alcuni degli aspetti affrontati con il report ‘Qualità dell’aria in Europa 2022’, nel quale l’Agenzia europea dell’ambiente applica per la prima volta le più recenti linee guida dell’Oms, quelle del 2021. I dati del report sono quelli del 2020 e, in parte, dello scorso anno. Proprio nel 2020, nonostante i lockdown, il 96% della popolazione urbana dell’Ue è stata esposta a concentrazioni di particolato fine (PM 2,5) superiori a quelle indicate dall’Oms, ossia di 5 microgrammi per metro cubo (µg/m3) di aria. Linee guida che, soprattutto per alcuni indicatori, sono ancora una chimera. Il risultato? Proprio nel 2020, la morte prematura di almeno 238mila persone nell’Ue è legata all’esposizione all’inquinamento da PM 2,5, mentre anche l’esposizione da biossido di azoto e all’ozono sono collegate rispettivamente a 49mila e 24mila decessi. Nel report si sottolinea che, dal 2005 al 2020, il numero di decessi precoci dovuti all’esposizione al PM 2,5 è diminuito del 45% nell’Ue.

Obiettivi vicini e lontani – “Se questa tendenza continua – scrivono gli autori del report – l’Ue dovrebbe raggiungere l’obiettivo di ridurre, entro il 2030, le morti premature dovute all’esposizione di particolato fine del 55% rispetto al 2005”. Target contenuto nel piano d’azione ‘Inquinamento zero’ della Commissione europea. Ma sono necessari ulteriori sforzi per ridurre, entro il 2050, l’inquinamento atmosferico a livelli non più considerati dannosi per la salute. A ottobre 2022 la Commissione Ue ha proposto una revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, che include soglie più rigorose gli inquinanti, nuove regole per il monitoraggio della qualità dell’aria e un diritto rafforzato all’aria pulita, che include la possibilità per i cittadini di chiedere un risarcimento per i danni alla salute dovuti all’inquinamento atmosferico, cosa che in Italia è già accaduta.

I dati sugli inquinanti e la posizione dell’Italia – Diversi gli inquinanti analizzati nel report, tra cui PM 10 e 2,5, ozono, biossido di azoto e benzo(a)pirene (BaP). Nonostante le riduzioni delle emissioni dovute proprio alla pandemia, ci sono diverse problematiche. Nel 2020, infatti, il 96% della popolazione urbana è stata esposta a livelli di particolato fine superiori alle ultime linee guida dell’Oms. Per quanto riguarda le più alte concentrazioni di particolato e benzo[a]pirene (cancerogeno), dovute principalmente alla combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico e al loro utilizzo nell’industria, il report cita esplicitamente “l’Europa centro-orientale (dove è più diffuso, tra l’altro, l’uso del carbone, ndr) e l’Italia”. Andando a spulciare tra le schede dei singoli inquinanti di legge che “le più alte concentrazioni di PM 2,5 sono state osservate nel nord Italia e in alcuni paesi dell’Europa orientale (Croazia, Turchia, Kosovo, Polonia, Bosnia ed Erzegovina)” e che “i superamenti del valore limite giornaliero dell’Ue per il PM10 si registrano” ancora una volta “in Italia e in alcuni paesi dell’Europa orientale”. Si parla, per esempio, della Macedonia del Nord, di Turchia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia. “Nella maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale, i combustibili solidi come il carbone sono ampiamente utilizzati per il riscaldamento domestico e in alcuni impianti industriali e centrali elettriche” spiega il report, mentre “la Pianura Padana, nel nord Italia, è un’area densamente popolata e industrializzata con particolari condizioni meteorologiche e geografiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti nell’atmosfera”. A livello europeo, i livelli di ozono sono stati inferiori rispetto agli anni precedenti, ma ancora elevati nell’Europa centrale e in alcuni paesi del Mediterraneo. E l’Italia è tra i 15 Stati membri a registrare livelli superiori alla soglia del valore obiettivo dell’Ue di 120 µg/m3. Anche le concentrazioni di biossido di azoto (NO 2) sono temporaneamente diminuite come conseguenza diretta delle riduzioni del trasporto su strada durante i blocchi dovuti al Covid-19. Le concentrazioni medie annue sono calate fino al 25% nelle principali città di Italia, Francia e Spagna, molto meno rispetto al primo blocco, nell’aprile 2020, quando il calo era arrivato finanche al 70%. Anche in questo caso l’Italia è tra gli ultimi. Ed è, nel 2021, tra gli 8 Paesi (7 dell’Ue) a registrare valori superiori al valore limite annuale di 40 microgrammi al metro cubo (mentre le linee guida dell’Oms lo fissano a 10, target molto più lontano, ndr).

I settori che inquinano di più – La principale fonte di inquinamento da particolato in Europa proviene dai combustibili che si bruciano nel settore residenziale, commerciale e istituzionale. In modo particolare per il riscaldamento degli edifici: nel 2020 il settore è stato responsabile del 44% delle emissioni di PM 10 e del 58% di PM 2,5. Altre fonti significative sono l’industria, il trasporto su strada e l’agricoltura, responsabile a sua volta della stragrande maggioranza (94%) delle emissioni di ammoniaca e di oltre la metà (56%) delle emissioni di metano. Per gli ossidi di azoto, le fonti principali sono state, nel 2020, il trasporto su strada (37%), l’agricoltura (19%) e l’industria (15%).

Biodiversità e foreste. E il nemico numero uno dei raccolti – L’inquinamento atmosferico danneggia anche gli ecosistemi terrestri e acquatici. Nel 2020, livelli dannosi di deposizione di azoto sono stati osservati nel 75% degli ecosistemi dell’area europea. Significa una riduzione del 12% dal 2005, mentre l’obiettivo del piano d’azione dell’Ue per l’inquinamento zero è di raggiungere una riduzione del 25% entro il 2030. Secondo l’analisi dell’Agenzia europea dell’Ambiente, nel 2020 in Europa il 59% delle aree forestali e il 6% dei terreni agricoli sono stati esposti a livelli dannosi di ozono troposferico, un inquinante secondario che si forma attraverso processi fotochimici in presenza di inquinanti primari, come gli ossidi d’azoto e i composti organici volatili. Le perdite economiche dovute agli impatti dell’ozono troposferico sui raccolti di grano ammontano a circa 1,4 miliardi di euro in 35 paesi nel 2019, con le maggiori perdite registrate in Francia, Germania, Polonia e Turchia.

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