Nel primo incontro tra l'Anm e il Guardasigilli si è parlato del rischio che decine o centinaia di indagati (e condannati non definitivi) per furti, lesioni stradali, sequestri, truffe o danneggiamenti escano dal carcere o dagli arresti domiciliari da un giorno all'altro, a causa della trasformazione di quelle fattispecie in "procedibili a querela". Il governo produrrà una norma per chiarire che le misure cautelari già applicate resteranno in piedi
Il governo lavora a una norma per evitare l’effetto “svuotacarceri” della riforma penale dell’ex ministra Marta Cartabia. A quanto apprende ilfattoquotidiano.it, nel primo incontro tra l’Associazione nazionale magistrati e il Guardasigilli Carlo Nordio – che si è svolto giovedì in presenza al ministero – si è parlato anche dell’entrata in vigore della nuova legge che rivoluziona i processi, rinviata dal 1° novembre al 31 dicembre dopo le proteste di giudici e pm di tutta Italia per la mancata previsione di un regime transitorio (e le conseguenti difficoltà organizzative). Ed è stato toccato, tra gli altri, uno dei temi di maggior impatto mediatico: il rischio che decine o centinaia di indagati (e condannati non definitivi) per furti, lesioni stradali, sequestri, truffe o danneggiamenti escano dal carcere o dagli arresti domiciliari da un giorno all’altro, a causa della trasformazione di quelle fattispecie da “procedibili d’ufficio” a “procedibili a querela“. Significa che se oggi i pm sono obbligati a indagare in presenza di una notizia di reato, domani lo potranno fare solo se la vittima dichiara in modo esplicito con un atto formale (una querela, appunto) la volontà che il colpevole sia punito.
Il problema però è che il nuovo regime si applicherà in modo retroattivo, per il principio costituzionale della legge penale più favorevole al reo. Quindi, se le cose resteranno come sono ora, dal 31 dicembre senza una querela quei reati semplicemente non esisteranno più (a meno che la persona offesa non provveda entro tre mesi). E, secondo l’interpretazione più diffusa tra i tecnici, verranno meno anche tutte le misure cautelari già applicate e in corso, liberando istantaneamente legioni di presunti delinquenti professionisti (il rischio di reiterazione del reato, infatti, è l’esigenza che giustifica quasi tutte le misure in questi casi). Un rischio che la premier Giorgia Meloni aveva ben presente, tanto da sottolinearlo in conferenza stampa dopo il decreto-legge che ha rinviato l’entrata in vigore: “Nelle more dell’applicazione di questa norme si rischiava che una serie di detenuti uscissero dal carcere”. Per questo, accogliendo la richiesta dell’Anm, il governo lavora a una norma ad hoc da inserire nella legge di conversione, per chiarire che le misure cautelari già applicate restano in piedi anche con il cambio di procedibilità, riprendendo l’opinione di una parte dei giuristi. Un modo per scansare una delle tante grane di questo inizio legislatura.