di Angelo Lo Verme

“Las mariposas”, che tradotto significa “Le farfalle”, era il nome in codice delle sorelle Mirabal, rivoluzionarie della Repubblica Dominicana al tempo della dittatura di Rafael Leonida Trujillo. Patria, Minerva e Maria Teresa, nate rispettivamente nel 1924, 1926 e 1935 tutte a Ojo de Agua, e tutte e tre uccise a bastonate dai sicari di Trujillo a Salcedo il 25 novembre del 1960, di ritorno dalla visita in carcere ai loro rispettivi mariti, come loro oppositori del regime.

Per simulare un incidente, i sicari caricarono le tre sorelle e l’autista nella macchina che poi fecero precipitare in un burrone. Nessuno credette però a questa versione menzognera. L’opinione pubblica si coalizzò contro il regime che cessò l’anno seguente il 30 maggio, giorno in cui Trujillo fu ucciso a fucilate in un agguato a Santo Domingo. Si stima che in 31 anni di regime il sanguinario Trujillo, soprannominato la tigre dei Caraibi, fu responsabile di sessantamila vittime che si opponevano in qualche modo alla sua tirannia, tra cui i Mirabal.

Oggi, 25 novembre, si commemorano in tutto il mondo le vittime dei femminicidi. E’ bene precisare che si tratta di femminicidio quando una donna viene uccisa da un maschio per motivi di genere.

Il 25 novembre del 1981 ci fu il primo “Incontro internazionale femminista delle donne latinoamericane e caraibiche” e nel 1999 l’Onu istituzionalizzò tale data. Ogni anno così si avviano eventi, performance varie e flash-mob in tutto il mondo, il cui tema è la violenza contro le donne e le possibili soluzioni per estirpare fin dalla radice questo cruento fenomeno.

Il maggior simbolo di questa importante giornata è il rosso che rappresenta il sangue versato nei femminicidi. Poi ci sono le scarpe femminili rosse, usate per la prima volta dall’artista messicana Elina Chauvet in un’installazione artistica il 22 agosto del 2009, utilizzando 33 paia di scarpe. Il messaggio era ed è quello di commemorare le vittime di femminicidio, compresa la sorella, uccisa a soli 22 anni dal marito. Inoltre la panchina dipinta di rosso come simbolo del 25 novembre è stata introdotta per la prima volta dall’artista Karim Cherif a Torino nel 2014.

Nel 2022 sono state uccise già 104 donne in Italia, di cui 88 uccise in ambito familiare. Di queste, 52 sono state ammazzate dal partner o dall’ex. Dalle statistiche degli anni passati si rivela un numero impressionante di femminicidi: una media di circa 150 vittime all’anno. Significa che in Italia in media ogni due giorni circa viene uccisa una donna. In Francia nel 2019 sono state uccise 285 donne; la Germania è al secondo posto di questa macabra classifica, con 276 donne uccise, e terza è risultata la Spagna con 126. Subito dopo c’è l’Italia con 111 vittime nel 2019. Nel 2020 a livello mondiale sono state uccise 81 mila donne, di cui 47 mila nella sfera privata, cioè, circa 5 femminicidi l’ora nel mondo.

Anche se sono state adottate delle soluzioni per ridurre e azzerare i femminicidi, quali il braccialetto elettronico indossato dal potenziale femminicida (in quanto questi ha già usato ripetutamente violenza sulla partner) e il sequestro delle armi da fuoco, purtroppo le vittime continuano ad essere tante. L’unica soluzione potrà venire dalla prevenzione sociale del fenomeno, cioè, eliminando tutti quei fattori sociali e culturali che di fatto determinano una subdola dipendenza della donna dal marito, dal fidanzato, ecc., compresa quella economica. Una donna emancipata e forte caratterialmente ed economicamente, difficilmente sopporterà le angherie del partner.

Ovviamente è l’uomo che deve superare il suo maschilismo culturalmente congenito, in modo da riuscire a vedere la donna come sua pari e non come qualcosa che gli appartiene.

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