Il comunicato diffuso da Chigi dopo il cdm di lunedì diceva che sarebbe stato possibile andare in pensione a 58 con due figli o più, 59 nel caso si abbia un solo figlio, 60 negli altri casi. Ora al ministero del Lavoro si sta lavorando per confermare la precedente norma basata solo su contributi ed età, per evitare contestazioni di incostituzionalità. La ministra Roccella: "Mia opinione personale è che norma dovrebbe rimanere così com'è"
Marcia indietro del governo sull’ipotesi di consentire alle donne di andare in pensione un anno prima per ogni figlio. La manovra approvata dal cdm lunedì scorso prevedeva, secondo quanto riportava il comunicato di Palazzo Chigi, la proroga per il 2023 della cosiddetta Opzione donna (in vigore dal 2004) ma con una modifica che ha fatto saltare sulla sedia i costituzionalisti: la possibilità di andare in pensione a 58 con due figli o più, 59 nel caso si abbia un solo figlio, 60 negli altri casi.
Ora – a dimostrazione del fatto che il testo è tutt’altro che chiuso – emerge che al ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone si sta lavorando per confermare la precedente norma in base alla quale possono accedere alla pensione anticipata le lavoratrici con 35 anni o più di contributi e almeno 58 anni d’età per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le autonome. Senza modifiche di dubbia costituzionalità, visto che una distinzione in base al numero di figli potrebbe portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza. “Personalmente penso che Opzione donna andrebbe mantenuta così” con il legame con i figli. Ha detto in serata la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella rispondendo una domanda durante la trasmissione “Zapping” su Rai Radio 1 e precisando in seguito di aver parlato “a titolo personale”.
Chiara Appendino, deputata del M5S che aveva definito “vergognosa” l’idea di promuovere la natalità “penalizzando le donne che non hanno figli, colpevolizzando chi ha fatto una libera scelta o chi non ha potuto aver figli pur volendo”, incassa la notizia della marcia indietro ma parla di “emblema dell’incapacità di questo governo, che in un momento di estrema difficoltà per il nostro Paese gioca con la vita delle persone, in particolare delle donne”. “Sarebbe cosa buona e giusta tornare indietro, evitando norme discriminatorie, pur rimanendo le criticità di opzione donna”, dice a sua volta all’Ansa Cecilia D’Elia, senatrice Pd e portavoce della Conferenza delle democratiche.