In queste ore la polizia scientifica, coadiuvata dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo e dall’archeologo forense Dominic Salsarola, sta lavorando assiduamente per riportare alla luce i resti umani rinvenuti in un casolare abbandonato a Novellara, distante circa 700 metri dall’abitazione della famiglia di Saman Abbas, la 18enne pakistana per il cui omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere sono accusati il padre, lo zio e due cugini, tutti tratti in arresto, e la madre, tuttora latitante in Pakistan.

Per gli inquirenti il corpo che si trova sepolto sotto terra ad una profondità di oltre due metri è da attribuirsi con un’altissima probabilità alla giovane sparita nella notte fra il 30 aprile e il primo maggio 2021, dopo che aveva osato opporsi ad un matrimonio combinato dalla sua famiglia con un cugino residente in Pakistan; sebbene la costruzione, diroccata e pericolante, si trovasse ad una distanza raggiungibile dall’abitazione degli Abbas in soli dieci minuti di cammino e fosse già stata attenzionata dagli investigatori e dalle telecamere di alcune trasmissioni, fra cui Mattino 5 e Quarto Grado. La modalità con cui il corpo della povera Saman è stato seppellito nei pressi del casolare non hanno permesso di poterne individuare i resti fino alle recenti rivelazioni dello zio della vittima, Danish Hasnain, che ha accompagnato gli inquirenti sul posto, probabilmente in virtù di una strategia difensiva da cui spera di ottenere uno sconto di pena.

La salma infatti si trova sepolta sotto uno strato di oltre due metri di terreno argilloso sopra il quale sono stati gettati mattoni, cemento e altri materiali inerti ricavati dal rudere in disfacimento, che hanno impedito ai cani molecolari e ad altre sofisticate strumentazioni, come il georadar, di rilevare la presenza di resti umani. Un’ulteriore conferma al fatto che il delitto con ogni probabilità sia stato ampiamente premeditato e studiato; un particolare che getta un’ombra sinistra sull’ormai famosa intercettazione in cui lo zio Danish afferma orgogliosamente: “abbiamo fatto un bel lavoro”, alludendo al fatto che per gli inquirenti sarebbe stato assai difficile rinvenire il corpo della ragazza scomparsa.

Probabilmente dopo la notizia dell’arresto avvenuto a metà novembre in Pakistan del padre di Saman, Shabbar Abbas, suo fratello Danish, che già si trovava in carcere da mesi, deve aver deciso di collaborare con gli inquirenti in una logica che quasi certamente porterà i protagonisti di questo efferato delitto a scaricare la responsabilità gli uni sugli altri. Il processo che deciderà le loro sorti comincerà il 10 febbraio e a costituirsi parte civile, oltre al fratello minore di Saman che fin da subito contribuì ad individuare i membri della sua famiglia come i responsabili della sparizione della ragazza, ci saranno anche l’associazione Penelope che tutela i parenti e gli amici delle persone scomparse, il Comune di Novellara, l’Unione Comuni della bassa reggiana e l’Unione delle Comunità islamiche italiane.

Quest’ultima in particolare tiene a sottolineare con forza la condanna verso assurde tradizioni fondamentaliste purtroppo ancora in vigore in alcune zone del mondo, fra cui la regione pakistana del Punjab, che puniscono con la morte per strangolamento le donne che si ribellano ai matrimoni forzati. Quando Shabbar Abbas in un’intercettazione agli atti del processo dice di aver ucciso sua figlia per punire la sua disobbedienza, si trincera ipocritamente dietro quel “delitto d’onore” che nel Corano non è affatto contemplato, ma è retaggio di norme arcaiche e tribali.

Se a ciò aggiungiamo il fatto che i familiari di Saman si riunivano proprio nel casolare diroccato, poi divenuto la tomba della giovane, a bere di nascosto alcolici in sfregio ai dettami della loro religione è come se questi individui utilizzassero i precetti del Coranoa loro uso e consumo, tirando in ballo l’onore macchiato e i comportamenti ribelli della ragazza per giustificare un atroce delitto dettato in realtà da convincimenti patriarcali e maschilisti e da una lucida condotta criminale.

In questo senso la morte di Saman diventa l’ennesimo femminicidio perpetrato da congiunti che, invece di amarla e proteggerla, si radunavano per progettare l’omicidio di una giovane donna, la cui unica colpa era quella di voler affermare la propria autodeterminazione rifiutando le nozze imposte, frequentando le scuole, vestendo all’occidentale e amando un suo coetaneo.

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