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Suicidio assistito, morto l’uomo accompagnato da Cappato in Svizzera. La figlia: “Avrebbe voluto morire con i suoi cari”

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni sabato si autodenuncerà ancora una volta a Milano, rischia "di nuovo fino a 12 anni di carcere". "È indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità" ha detto l'attivista
Suicidio assistito, morto l’uomo accompagnato da Cappato in Svizzera. La figlia: “Avrebbe voluto morire con i suoi cari”
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È morto in una clinica svizzera con suicidio assistito Romano, 82 anni, di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo, nel Milanese, accompagnato da Marco Cappato. È stata la figlia dell’82enne, Francesca, in un video a spiegare che “avrebbe voluto morire in casa circondato dai suoi cari”. Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni sabato si autodenuncerà ancora una volta a Milano, rischia “di nuovo fino a 12 anni di carcere”. “È indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità che patiscono sofferenze insopportabili e irreversibili” ha detto l’attivista. Per Cappato, che lo scorso agosto è stato indagato dalla procura di Milano per il caso di una malata oncologica, quindi si tratta di una “nuova disobbedienza civile”. “Mio papà ha appena confermato la scelta di morire – ha spiegato la figlia Francesca -. Io sono arrivata dalla California per essere qui con lui in questi giorni. In California, la scelta che ha fatto mio papà è legale e, nel caso di una malattia come la sua, avrebbe potuto scegliere di morire in casa, circondato dai suoi cari e dalla sua famiglia. Noi abbiamo dovuto fare questo viaggio per venire in Svizzera perché lui potesse fare questa scelta e io spero che in Italia, presto, sia possibile per le persone poter fare questa scelta a casa propria e morire a casa propria, circondate dalle persone care”.

Romano, 82 anni, di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo, affetto da Parkinsonismo atipico dal 2020, non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ex giornalista e pubblicitario era stato costretto a letto dalla malattia, tra “forti dolori muscolari, in una condizione irreversibile che gli impediva di leggere, scrivere e fare qualsiasi cosa in autonomia”. Dopo aver maturato, spiega l’Associazione Luca Coscioni, “la scelta di voler porre fine alle sue sofferenze ed essersi reso conto dell’impossibilità di procedere in Italia, ha chiesto aiuto a Marco Cappato per raggiungere la Svizzera ed evitare conseguenze legali per i suoi familiari.

“Sono passati 4 anni da quando la Corte Costituzionale la prima volta ha chiesto al Parlamento di intervenire ‘in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale’ consentendogli ogni opportuna riflessione e iniziativa”, ha aggiunto. La Corte intervenendo successivamente nel 2019 “dinanzi all’inerzia del Parlamento – ha chiarito Cappato – ha emesso una decisione che depenalizza l’aiuto al suicidio solo per malati in determinate condizioni verificate dal Ssn, nel contempo ha reiterato la richiesta di una legge completa che rispetti le scelte di fine vita delle persone malate”. Ad agosto, ha proseguito Cappato, “avevo ripreso l’azione di disobbedienza civile, accettando la richiesta di Elena Altamira di essere accompagnata in Svizzera, per superare la discriminazione contro i malati che, come Elena e Romano, non sono dipendenti da trattamenti sanitari. Ho deciso ora di accettare anche la richiesta di aiuto di Romano – ha concluso – ed evitare a lui un accanimento insensato e violento“.

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