Visite effettuate a lume di candela per denunciare che il governo li ha dimenticati. Perché la manovra – sostengono – si è dimenticata di loro, dei medici di famiglia, che non riceveranno alcuna forma di aiuto per affrontare l’aumento dei costi, dovuti ai prezzi alti dell’energia e alla crescita dell’inflazione. “Avevamo chiesto di essere considerati al pari delle imprese o degli studi professionali – ha spiegato Silvestro Scotti (nella foto sotto), segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) -, dunque che ci fosse dato un aiuto rispetto ai costi energetici e alle materie prime che nei nostri studi paghiamo noi. Rispetto alle altre categorie di professionisti che adeguano le tariffe ai costi sostenuti, il nostro è un servizio pubblico regolamentato da una convenzione con il Servizio sanitario nazionale“. Scotti precisa poi che “in presenza di un mancato rinnovo contrattuale, bloccato al 2018, abbiamo redditi fermi a 4 anni fa, ma i costi sono aggiornatissimi. Eppure il problema viene del tutto ignorato. Noi siamo imprese etiche, sociali, di utilità pubblica che non producono margini”. L’iniziativa di protesta della Fimmg si svolgerà “in alcuni orari e per alcune settimane”, durante le quali “i nostri studi saranno illuminati dalle candele. Un modo per ricordare le nostre richieste alle istituzioni e anche per spiegare ai pazienti il disagio dei professionisti“, ha spiegato Scotti.
Nei giorni scorsi il settore della Sanità ha bocciato la finanziaria del governo Meloni che, per questo comparto – sostengono unanimi medici, aziende ospedaliere e sindacati di categoria – non garantisce risorse adeguate, mettendo così a rischio la tenuta stessa del sistema sanitario, già in forte sofferenza per la carenza di medici e infermieri. Proprio l’ultima legge di Bilancio, negli auspici dei camici bianchi, avrebbe dovuto portare una boccata d’ossigeno alla Sanità pubblica ma, stando alle cifre stanziate, affermano, così non è stato. Lo stanziamento di 1,4 miliardi di euro per fronteggiare il caro bollette in ospedali e strutture sanitarie è “un segnale di attenzione del governo nei confronti delle richieste fatte ma non può che essere solo una parte del finanziamento destinato alla Sanità” perché “quei soldi basteranno solo a coprire le bollette“, spiega il presidente dalla Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere Migliore. Serve molto di più, dunque. Le risorse complessive destinate alla Sanità, i 2 miliardi di euro in più stanziati per il 2023, sottolinea il presidente Fiaso, “ad oggi non sono sufficienti a colmare il definanziamento decennale del settore: l’Italia, in termini di risorse, si è mantenuta stabilmente al di sotto di molti altri Paesi europei e questi 2 miliardi servono appunto a pagare le bollette e i costi dell’inflazione e dunque a mantenere la sanità agli stessi livelli degli anni precedenti, ma non a fare passi in avanti. Occorre invece riportare il Ssn al centro delle politiche pubbliche”. Oltre alle risorse, la Fiaso chiede però anche interventi legislativi che sblocchino il tetto di spesa previsto per il personale fermo al 2004, per poter assumere in corsia medici, anche specializzandi, infermieri e operatori.
Sul piede di guerra sono poi i sindacati medici, veterinari e dirigenti sanitari, che parlano di un Ssn ridotto allo stato di “malato terminale” e hanno già annunciato lo stato di agitazione. Alla Sanità del 2023, denunciano, “vengono destinate certo più risorse, ma per bollette, vaccini e farmaci anti Covid, non per servizi e personale. Anche la promessa indennità per i medici di Pronto Soccorso viene rinviata al 2024. Niente per il Contratto di lavoro 2019-2021 e nessun finanziamento per quello 2022-2024″. La Sanità pubblica “continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese” secondo Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, mentre il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, definisce insufficienti le risorse e chiede di vincolare interamente i 2 mld stanziati all’aumento degli stipendi di medici e sanitari, per rendere la professione più attrattiva. Critiche per le risorse esigue destinate al settore arrivano anche dalla Cgil e da vari esponenti politici. “Mancano i soldi sulla sanità: almeno 6 miliardi subito, per pagare meglio i nostri medici ed infermieri, e i 37 miliardi del Mes che arrivano dall’Europa”, ha dichiarato Maria Elena Boschi (Italia Viva). Netta la posizione di Beatrice Lorenzin (Pd), secondo la quale la destra ha “rinunciato a investire quel poco che c’è dove c’era più bisogno, ovvero sul reddito e le pensioni e sulla sanità, che rischia di collassare”. Attacca la manovra ‘sanitarià anche Mariolina Castellone (M5S): “Con il Conte2 durante la pandemia abbiamo investito 13 miliardi di euro ed altri 17 miliardi sono previsti dal Pnrr. Insomma, è il commento di Mariastella Gelmini (Azione), “destinare solo due miliardi di euro alla Sanità vuol dire non prendersi cura di chi ci cura”.