Un funzionario della Nato, in un lungo pezzo pubblicato dal New York Times, riferisce che due terzi dei Paesi dell'Alleanza Atlantica hanno esaurito le scorte di armi e munizioni da inviare a Kiev. Ma tra chi può ancora mandarle ci sono, oltre a noi, Francia, Germania e Paesi Bassi. L'Europa, però, non si aspettava un conflitto di questa portata, che avrebbe messo in crisi gli arsenali. Camille Grand, esperto di difesa presso il Consiglio europeo per le relazioni estere: "Un giorno in Ucraina equivale a un mese o più in Afghanistan"
Venti dei trenta Paesi che fanno parte dell’Alleanza Atlantica hanno esaurito le scorte di armi che possono inviare all’Ucraina. Ma gli altri dieci rimanenti possono fornirne ancora. Tra questi paesi c’è anche l’Italia, oltre a Francia, Germania e Paesi Bassi. A rivelarlo è una fonte Nato riportata dal New York Times, che in un lungo pezzo fa il punto su armi e munizioni mandate a Kiev. O meglio, su quanti Paesi dell’Alleanza siano ormai a corto di materiale bellico, perché nessuno si aspettava un conflitto di questa portata. È dal crollo dell’Unione sovietica infatti che i Paesi europei hanno drasticamente ridotto arsenali e budget per la difesa, ritenendo che un impegno bellico che richiedesse tante riserve non sarebbe più stato necessario. Anche la lotta al terrorismo e la presenza per dieci anni in Afghanistan non avevano spostato gli equilibri degli arsenali bellici. Ma quel conflitto che l’Europa riteneva ormai inconcepibile, è in corso da mesi. E “poiché entrambe le parti bruciano armi e munizioni a un ritmo mai visto dalla seconda guerra mondiale, la gara per mantenere gli arsenali a regime si è trasformata in un fronte critico che potrebbe rivelarsi decisivo per lo sforzo dell’Ucraina“.
“A febbraio – si legge sul quotidiano americano – quando è iniziata la guerra, le scorte per molte nazioni erano circa la metà di quello che avrebbero dovuto essere” e per chi finora ha fornito grandi quantitativi di armi, “in particolare gli stati in prima linea come la Polonia e i paesi baltici”, continuare a produrne ha richiesto uno sforzo enorme. E c’è anche chi è riluttante a proseguire i rifornimenti: una su tutte la Francia, che a Kiev ha dato “almeno 18 moderni obici Caesar – circa il 20% di tutta la sua artiglieria esistente” e non è intenzionata a fornirne altri. Per quanto invece riguarda l’Unione europea “ha dato il via libera a 3,1 miliardi di euro (3,2 miliardi di dollari) per rimborsare gli Stati membri per ciò che forniscono all’Ucraina”. Tuttavia quel fondo “l’European Peace Facility, è esaurito per quasi il 90%”. E se da una parte il segretario della Nato Jens Stoltenberg avverte “l’alleanza – inclusa, esplicitamente, la Germania – che le linee guida della Nato che impongono ai membri di mantenere scorte non dovrebbero essere un pretesto per limitare le esportazioni di armi verso l’Ucraina”, “è anche vero che Germania e Francia, come gli Stati Uniti, vogliono calibrare le riforniture all’Ucraina, per prevenire l’escalation e gli attacchi diretti alla Russia“.
Anche per gli Stati Uniti – che hanno deciso di non pubblicare più il report sulle spese militari e il trasferimento di armi all’estero – le scorte delle armi richieste dagli ucraini sono “limitate” e “Washington non è disposta a dirottare armi chiave da regioni delicate come Taiwan e la Corea, dove Cina e Corea del Nord” stanno aizzando le tensioni nell’area. I funzionari della Nato spiegano al Nyt che “la quantità di artiglieria utilizzata è sbalorditiva. In Afghanistan, le forze Nato avrebbero potuto sparare anche 300 colpi di artiglieria al giorno senza preoccuparsi per la difesa aerea. Ma l’Ucraina può sparare migliaia di colpi al giorno e rimane alla disperata ricerca di difesa aerea contro missili russi e droni di fabbricazione iraniana”. Una modalità confermata anche da Camille Grand, esperto di difesa presso il Consiglio europeo per le relazioni estere, che fino a poco tempo fa era vicesegretario generale della Nato per gli investimenti nella difesa, secondo cui “un giorno in Ucraina equivale a un mese o più in Afghanistan“. Per fare un esempio, “la scorsa estate nella regione del Donbass, gli ucraini hanno sparato da 6mila a 7mila colpi di artiglieria al giorno, ha detto un alto funzionario della Nato. I russi sparavano da 40mila a 50mila colpi al giorno. In confronto, gli Stati Uniti producono solo 15.000 proiettili al mese”. E Washington, oltre a esaminare “alternative più vecchie e più economiche“, “spinge sempre più l’Ucraina a essere più efficiente e a non lanciare, ad esempio, un missile che costa 150mila dollari contro un drone che costa 20mila dollari”.