“Sono passati tre governi, tre ministri dell’Ambiente e siamo ancora senza un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), che fu approvato in bozza dal governo Gentiloni nel 2018 e da allora giace in un cassetto”, ricorda il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani. Perché la frana che ha colpito Ischia è già il terzo evento estremo che si abbatte sull’isola in appena 15 anni, calamità che la crisi climatica sta intensificando in tutto il Paese. “Ischia dimostra che non abbiamo imparato abbastanza, a partire dalla vulnerabilità di un territorio fragile dal punto di vista naturale e particolarmente colpito dalla cementificazione autorizzata e abusiva”, spiega Ciafani, che ricorda i troppi condoni approvati sul territorio e i tanti ostacoli che ancora si oppongono all’abbattimento di edifici che non andavano costruiti in territori a rischio. “Dove lo Stato deve prendersi la responsabilità di delocalizzare ciò che non può essere ricostruito nella stessa area”.

“Ad oggi sono 24 i Paesi europei che hanno adottato un piano nazionale o settoriale di adattamento al clima”, ricorda il recente rapporto Osservatorio CittàClima 2022 di Legambiente. Ma l’Italia non c’è. Tanto che al governo Meloni l’associazione chiede “che venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, rimasto in bozza da quando era presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro Gian Luca Galletti“. Un’urgenza in un Paese che negli ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente – “ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche”, scrive l’associazione. “Si tratta di una media di 1,48 miliardi l’anno per la gestione delle emergenze”. Insomma, spiega Ciafani, “per ogni miliardo investito in opere di prevenzione ne risparmi 4 che andrebbero spesi per riparare i danni”. Ma soprattutto, segnala il report, “nei primi dieci mesi del 2022, seppur con dati parziali, sono stati registrati nella Penisola 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% di quelli avvenuti nell’intero anno precedente“. E ancora: “Su 1.503 fenomeni estremi ben 529 sono stati casi di allagamenti da piogge intense come evento principale, e che diventano 768 se si considerano gli effetti collaterali di altri eventi estremi, quali grandinate ed esondazioni”.

Oltre al Piano di adattamento al cambiamento climatico, Legambiente chiede che il Parlamento approvi la legge sul consumo di suolo, “ferma da due legislature e fondamentale soprattutto dove si è costruito in difformità rispetto alle norme e in violazione di vincoli paesaggistici e idrogeologici“, dice il presidente. Che allo stesso tempo ricorda come l’Italia non abbia mai davvero superato la logica del condono. “Proprio a Ischia, dopo il terremoto del 2017, il primo governo Conte emanò un decreto che permetteva di condonare anche case abusive costruite in zone sottoposte a vincolo idrogeologico, applicando a tutti gli edifici danneggiati dal sisma la sanatoria Craxi del 1985, più permissiva anche dei successivi condoni dei governi Berlusconi del ’94 e del 2003: un pessimo segnale”, spiega. Perché, dicono i dati sull’abusivismo che Legambiente pubblica annualmente, “in Italia ogni volta che si parla di condono si accendono le ruspe e le sanatorie fanno da incentivo. Al contrario, negli anni in cui si sono fatti gli abbattimenti si è costruito meno”. Di più: “In Italia non si abbatte ciò che va abbattuto”. Un ritardo da imputare soprattutto ai Comuni, secondo Ciafani: “Nella scorsa legislatura facemmo approvare una norma che toglieva ai comuni la competenza degli abbattimenti per affidarli ai prefetti, estranei alle logiche del consenso elettorale. Poi una circolare del ministero degli Interni disse a tutti i prefetti che quella regola vale solo per gli edifici costruiti dopo l’entrata in vigore della norma, nel 2020″.

Così i prefetti non si occupano degli abbattimenti già approvati e troppo spesso i comuni si voltano dall’altra parte. “Se questo è l’atteggiamento dell’Italia, allora parlare di quello che è accaduto a Ischia non significa ragionare dell’ultima tragedia, ma solo della penultima“, avverte. Niente più condoni, dunque, e coerenza negli abbattimenti, soprattutto in aree dove la necessità di interventi contro il dissesto idrogeologico è nota perché “la mappa è ormai chiara e nota a tutti“. Allo stesso tempo, precisa Ciafani, “lo Stato si deve finalmente accollare l’onere e la responsabilità di affrontare la pianificazione delle delocalizzazioni di edifici residenziali o produttivi verso luoghi meno pericolosi: dobbiamo metterci in testa che non si può ricostruire ciò che era stato edificato su terreni a rischio senza condannare altre vite”. E per fare questo vanno decise le priorità, anche sul piano dei finanziamenti: “Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha detto che l’Italia va messa in sicurezza? Bene, ma questo come si concilia con il rilancio di un progetto come quello del Ponte sullo Stretto che collegherebbe due Regioni a forte rischio idrogeologico e due province già oggetto di alluvioni? Quali sono, dunque, le vere priorità?”

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