Dieci anni fa, il 7 febbraio 2012, Lisa Siciliano venne uccisa dal marito carabiniere con la pistola d’ordinanza, mentre le figlie, anch’esse in casa, cercavano di sfondare la porta per salvare la madre. Invano. L’uomo subito dopo aver ucciso la moglie si tolse la vita. L’omicidio della donna, però, forse poteva essere evitato. Ma se il dolore delle due figlie (all’epoca di 12 e 5 anni) rimarrà per sempre, per la macchina dei tribunali è tutto prescritto dopo 5 anni. Un ritardo nella presentazione della richiesta da parte della famiglia delle due ragazze, accudite dagli zii subito dopo il delitto, ha portato il tribunale civile di Palermo a rigettare la domanda di risarcimento per sopravvenuta prescrizione.
“Dentro di noi c’è molta rabbia per ciò che avvenuto – spiegano – Noemi e Lussianna (le figlie ndr) hanno perso una mamma, mia moglie ha perso una sorella, mia suocera una figlia, io una cognata. Come è stato possibile che uno che doveva difendere la legge invece la ha infranta, distruggendo la vita di una ragazza e i propri sogni di vedere crescere le proprie figlie?”. Secondo la famiglia, infatti, Lisa poteva essere salvata, ma l’arma dei carabinieri non avrebbe agito nei confronti del proprio componente, l’appuntato Rinaldo D’Alba, nonostante le segnalazioni ai suoi superiori da parte della moglie sulle violenze subite dall’uomo.
Le richieste d’aiuto cadute nel vuoto hanno portato all’omicidio, avvenuto a Palermo nella propria camera da letto, con le due figlie a cercare di salvare la propria madre. Nulla da fare, per la giustizia è ormai troppo tardi e per Michele Meli e Manuela, cognato e sorella della vittima, la via da percorrere per ottenere un risarcimento sembra sempre più difficile. “Ora ci vuole coraggio per puntare il dito sulle mancanze – dicono ancora – ma questo dito lo puntiamo perché due orfani possono avere giustizia. Lei aveva denunciato il marito ai superiori, ma non è stata ascoltata. Vogliamo sapere se lo Stato ha fatto tutto ciò che poteva o ha nascosto la polvere della vergogna sotto il tappeto?”. Anche in sede penale era infatti arrivata una prescrizione per il procedimento contro l’Arma per il reato di omissione, dopo 8 anni di indagini e lungaggini giudiziarie, che hanno portato i genitori adottivi delle bambine a presentare un esposto la Csm per il tempo persone nell’inchiesta.
Un esposto per cui non è mai arrivata risposta. Oggi le ripercussioni di quanto accaduto sulle due bambine si fanno ancora sentire e l’intera famiglia chiede un aiuto al nuovo governo. “Voglio fare un appello al nuovo governo che, essendo guidato da una donna, potrebbe avere delle sensibilità diverse per assumersi le responsabilità di fronte a due orfani. Sono passati più di 10 anni e il silenzio l’ha fatta da padrone. Quando è accaduto il fatto lo Stato non era dotato della legge “Codice rosso” e quindi quelle morti avvenute prima non hanno bisogno di giustizia?”. Le ferite infatti non vengono lenite dalla prescrizione e per la famiglia, che oltre ai due figli, ha deciso di prendersi carico della prole della donna uccisa non è mai arrivato un sostegno da parte dello Stato cui adesso si rivolge per avere giustizia. A sostegno della loro tesi, sul silenzio dell’Arma, messaggi e vocali inviati già a partire dall’anno prima del fatto ai caporali del carabiniere autore dell’omicidio-suicidio e al giudice che doveva decidere sulla separazione, una pratica già avviata e mai conclusa. “Lisa ha invocato giustizia addirittura in un straziante audio dove chiedeva aiuto – racconta la sorella – nessuno le ha risposto e nessuno continua a rispondere. Le conseguenze sono di chi rimane e deve arginare le ferite inflitte da un carabiniere che non ha saputo onorare i propri doveri. A distanza di tutti questi anni e nonostante la situazione di sofferenza chiediamo giustizia per Lisa”.