"Riconoscimento facciale? Possiamo ma non ci interessa" dicono gli organizzatori, che assicurano come tutto venga registrato solo per motivi di sicurezza: l'obiettivo - spiegano - è studiare i comportamenti di gruppo per prevenire possibili incidenti. A che prezzo per il diritto alla privacy?
Poco fuori dal centro di Doha sorge la Aspire Zone: una torre a forma di torcia, uno dei tanti strabilianti grattacieli della capitale qatarina, indica a chilometri di distanza l’esatta posizione del più grande e avveniristico centro sportivo del pianeta. Qui c’è di tutto: uffici, accademie, strutture, uno stadio (il Khalifa International Stadium, uno degli otto impianti di gara). E lontano da occhi indiscreti si trova anche l’Aspire Control and Command Center, centro nevralgico della logistica della manifestazione: l’occhio spalancato dello Stato del Qatar sul torneo. Il “Grande fratello” del Mondiale.
15MILA TELECAMERE PER 8 STADI – Fra le tante meraviglie tecnologiche di Qatar ’22, la più straordinaria è quella che riguarda la sicurezza dell’evento, come già raccontato anche dall’inchiesta sui Mondiali di Report, il programma di Rai3. Il piccolo emirato della penisola arabica ha una concezione pervasiva dell’ordine pubblico: tutta la città, apparentemente libera, è in realtà blindata, persiste il divieto assoluto di filmare, e anche semplicemente avere un telefonino in mano può diventare un grosso problema se si ha la sfortuna di passare accanto a un edificio sensibile per gli interessi nazionali. Come ciò si concilierà con un grande evento che dovrebbe portare un milione e mezzo di tifosi nel Paese è il grande interrogativo su cui si sono interrogate le autorità locali. La risposta è il sistema di sorveglianza, già attivo 24 ore su 24 all’interno dell’Aspire Command Center. Un enorme dispiegamento di forze, ma soprattutto di tecnologia. Tutti ormai hanno le telecamere a circuito chiuso, in Qatar si sono spinti oltre: saranno oltre 15mila gli obiettivi, circa 2mila ad impianto, senza angoli ciechi; ogni tribuna, corridoio, ingresso, parcheggio, ogni centimetro degli stadi e ogni singolo momento del Mondiale viene registrato. E vigilato.
IL CONTROLLO DEI FLUSSI DA REMOTO – L’obiettivo è non lasciare nulla al caso. Il sistema è in grado di osservare tutti gli stadi, e tutti contemporaneamente: questo è fondamentale per un grande evento, il primo nella storia, che concentra l’intera manifestazione in un’unica città, con 8 impianti e fino a 4 gare al giorno nel raggio di un’ottantina di chilometri. Tutto viene diretto da remoto dall’Aspire. Anche, ad esempio, l’apertura e la chiusura dei cancelli, e quindi la possibilità di indirizzare i flussi di persone. Gli indicatori di temperatura, attraverso la misurazione dell’umidità, sono in grado di segnalare quando si formano degli assembramenti pericolosi che potrebbero sfuggire di mano. Le telecamere, invece, sono in grado di contare in tempo reale i tifosi, in modo da avere sempre il numero preciso di persone presenti in un dato settore, non più stimato sulla base dei biglietti scansionati, ma effettivo, grazie a un conteggio “fisico” seppur virtuale delle teste.
IL METAVERSO DEI “DIGITAL TWIN” – Ma la vera rivoluzione si chiama “digital twin”. È la nuova tecnologia dei “gemelli digitali”: da una parte c’è lo stadio reale, dall’altra, però, tutti i dati confluiscono in una specie di “metaverso”, una realtà virtuale dove viene ricostruito digitalmente l’impianto nei minimi dettagli e ciò che vi sta succedendo. Ogni cosa che succede nella realtà, viene replicata nel mondo virtuale, e in questo modo i tecnici sono in grado di studiarla e anche di simulare quali sarebbero le conseguenze di un eventuale intervento. “Noi non reagiremo in seguito agli incidenti. Noi cerchiamo di prevenirli, è un cambiamento fondamentale nell’approccio”, spiega Hamad Ahmed Al-Mohannadi, direttore del Centro. “Durante un grande evento ci sono migliaia di persone, e se qualcosa va storto può diventare molto difficile riportarla sotto controllo”. È quello che è successo in passato. Ad esempio nell’ultima finale di Champions League a Parigi, quando l’ingresso dei tifosi del Liverpool sfuggì completamente di mano alle autorità francesi degenerando nel caos e costringendo a iniziare il match con oltre mezz’ora di ritardo. Un autentico disastro che in Qatar sono sicuri non potrebbe mai ripetersi. Sono già stati creati i protocolli di intervento per tutte le casistiche di incidente, dal sovraffollamento di un ingresso a un eventuale incendio, fino a scontri e qualsiasi altra cosa possa accadere, già preparati dalle autorità locali e approvati dalla Fifa.
IL METODO QATAR: RISORSA PER IL FUTURO O PERICOLO? – La vera domanda, però, la più inquietante, è fino a che punto potrebbe spingersi una tecnologia così avanzata. La risposta è che non c’è limite. Parlare di riconoscimento facciale non è un tabù: la risoluzione delle camere posizionate negli stadi è talmente alta da poter individuare i lineamenti del volto di uno spettatore con un semplice zoom, a quasi 100 metri di distanza. Il Comitato organizzatore sarebbe in grado di identificare e schedare ogni singolo tifoso che entrerà in Qatar? “Sì, ma non lo faremo”, è la risposta solo apparentemente tranquillizzante degli organizzatori. “Abbiamo la tecnologia per farlo, non sarà utilizzata durante il torneo perché siamo più interessati allo studio dei comportamenti di gruppo che dei singoli. Ma il nostro obiettivo è anche assicurare che l’evento si svolga in sicurezza, e che i nostri stadi non vengano danneggiati perché la loro integrità è fondamentale per il prosieguo dell’evento. Quindi in caso di comportamenti inappropriati saremmo in grado di intervenire, in raccordo con le autorità nazionali”. L’unica garanzia è che il sistema di sorveglianza degli stadi non dovrebbe poter comunicare con gli altri impianti delle forze di sicurezza presenti in città; ovvero che le immagini non vengono incrociate con i dati raccolti dalle autorità al momento di ingresso nel Paese (anche se è possibile richiedere l’autorizzazione). Ma in Qatar non sembrano troppo preoccupati per la privacy e anzi sono convinti che dopo il torneo nulla sarà come prima: “Questa è la prima Coppa del mondo con questa tecnologia e siamo sicuri che grazie al nostro contributo e ai modelli di studio del comportamento dei tifosi noi cambieremo la storia dei grandi eventi sportivi”, conclude Al-Mohannadi. “Tutti gli impianti saranno gestiti in questo modo in futuro”. Un futuro un po’ inquietante.