Sono centinaia le piazze di spaccio operative h24 a Roma, con una densità maggiore nei quartieri periferici di Tor Bella Monaca, San Basilio, Montespaccato, Romanina, Acilia, Primavalle, Ponte di Nona, Tufello, Giardinetti-Borghesiana, Torre Nova, Nuova Ostia, Quartaccio, Tufello e Bastogi. I dati, riferiti dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, sono riportati nel dossier “Mafie nel Lazio” curato dall’Osservatorio per la sicurezza e la legalità. Si tratta di piazze “chiuse”, cioè sorvegliate, fondate anche sulla fama criminale dei gruppi che gestiscono il traffico di droga e controllano il territorio. Nei quartieri come il Quarticciolo-Centocelle, Bastogi, Corviale, Boccea e Trullo si sono “cementati” sodalizi criminali attivi nel settore dello spaccio di stupefacenti, sviluppati intorno a figure particolarmente “carismatiche”. E dalle indagini è emerso che a Tor Bella Monaca, oltre alle vedette, i clan usano sistemi di videosorveglianza per attivare gli allarmi in occasione delle retate di polizia.
Vi sono poi piazze di spaccio aperte, cioè senza sentinelle e sistemi di sorveglianza: è il caso del Pigneto e di San Lorenzo. Quando le vedette e gli spacciatori vengono arrestati, la criminalità organizzata fornisce loro sostegno legale, mentre il cosiddetto “sistema delle rette” garantisce redditi di due o tremila euro mensili agli incensurati che si assumono il rischio di conservare nelle proprie case la droga. Il “welfare criminale” si esprime anche attraverso il controllo di attività sportive per bambini e squadre di calcio che hanno forte seguito tra i ragazzi: Il giovane Alfredo Marando, arrestato nel 2020, era il presidente del Real San Basilio Calcio, squadra del girone B di Prima categoria, oltre che il capo della piazza di spaccio del quartiere. La liquidità ottenuta dal traffico di droga, inoltre, consente il prestito facile da parte dei boss a piccoli commercianti o ristoratori, imprese e famiglie, dipendenti da droghe o gioco d’azzardo, imprenditori in difficoltà con i fornitori o con il fisco, aziende che vogliano fare il salto di qualità sprovviste della liquidità necessaria. Il tasso usurario imposto per la restituzione della somma prestata alla vittima – raccontano le indagini – può arrivare a sfiorare percentuali dell’800%.
Con riferimento all’ultimo anno, il rapporto segnala due operazioni che hanno colpito i Moccia e Senese, clan camorristici attorno a cui si sono sviluppate attività di prestito usurario ed estorsione, ma anche il reinvestimento nelle attività commerciali. Un’indagine dei carabinieri coordinata dalla Procura di Roma ha portato all’arresto di 13 persone indagate a vario titolo per estorsione e intestazione fittizia di beni aggravati dal metodo mafioso ed esercizio abusivo del credito. Si tratta di indagini nate fra il 2017 e il 2018 e avviate dopo la scarcerazione di Angelo Moccia, uno dei capi dell’omonimo clan, già noto a Roma per la sua presenza storica sul territorio. I carabinieri hanno dato esecuzione anche al sequestro di beni per un valore di quattro milioni di euro: i sigilli sono stati apposti a 14 locali del centro della città, nella zona del Pantheon, via dei Coronari, Trastevere, Castel Sant’Angelo, Quirinale e Piazza Navona.