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Tra le comunità di migranti, quella marocchina è una delle più folte di tutto il Belgio, con picchi demografici nelle città di Bruxelles, Anversa e Mechelen. La sfida tra Marocco e Belgio, valida per la seconda giornata del gruppo F dei Mondiali, assume pertanto i contorni del derby per una discreta fetta di popolazione belga. Quindici anni fa non sarebbe stato così, come spiegato da Ahmed El Khanouss, ex assessore allo sport del comune di Molenbeek: “Tifare la nazionale significa provare un senso di appartenenza a una determinata comunità. Anni fa nessuno della mia gente era interessato al Belgio perché la squadra, divisa tra fiamminghi e valloni autoctoni, non era rappresentativa della mia popolazione, o di quelle di altre comunità”.
Nel 2008 la rivista Voetbalmagazine titolò United Colors of Belgium un servizio sulla nazionale in partenza per le Olimpiadi di Pechino, dove avrebbe sfiorato la medaglia gettando i primi semi di quel ciclo conosciuto come la Gouden Generatie (generazione d’oro) del calcio belga. Una nazionale che attingeva a piene mani da tutte le culture presenti, e ormai radicate, sul proprio territorio, riuscendo nell’intento di unire per inclusione, quanto meno nel calcio, un paese politicamente e socialmente frammentato. Lukaku e Witsel sono belgi tanto quanto Hazard. Un processo che, tornando ai giorni nostri, ha creato tifosi sdoppiati tra due nazionali, come nel caso proprio di Belgio e Marocco, divisi però in maniera non conflittuale tra loro, come ad esempio accade tra Francia e Algeria, sulle cui tensioni pesa come un macigno il passato coloniale dei transalpini sui territori algerini.
Un derby che al Mondiale vivrà in presa diretta Bilal El Khanouss, centrocampista classe 2004 della nazionale marocchina, nato e cresciuto in Belgio, nel cui campionato milita tra le fila del Genk. E’ il settimo giocatore più giovane presente in Qatar (18 anni e 187 giorni al momento della convocazione) e la sua è la classica storia che ogni coppa del mondo non manca mai di proporre. Nel suo caso è quella di un ragazzino che un anno fa non aveva ancora esordito da professionista e militava nello Jong Genk, la sezione Primavera del club fiammingo, e che nel giro di pochi mesi si è imposto quale uno dei talenti più interessanti della Pro League belga, tanto che staccare un imprevisto biglietto per il Mondiale. Del resto il Genk è una specie di marchio doc a livello formativo in Belgio, tanti sono i giocatori di spessore formatisi nella società. Cinque di loro – Thibaut Courtois, Kevin De Bruyne, Timothy Castagne, Yannick Carrasco e Leandro Trossard – saranno avversari di El Khanouss in questo suo particolare derby.
Come De Bruyne, che fu scartato dalla giovanili del Gent prima di proseguire la sua carriera da adolescente nel più lungimirante Genk, anche El Khanouss, nato a Strombeek-Bever, un sobborgo a nord di Bruxelles, è calcisticamente cresciuto nell’Anderlecht (dove giocava con Zeno Debast, altro 18enne enfant prodige presente in Qatar) prima di passare al Genk, nel suo caso per propria scelta. Così come è stata una sua decisione quella di optare per il Marocco anziché per il Belgio, nonostante il ct Roberto Martinez lo avesse invitato a Tubeke, sede del quartier generale della nazionale, per uno stage. Una scelta che rappresenta una netta rottura con il passato, quando il Marocco era una soluzione di ripiego per giocatori che molto difficilmente sarebbero riusciti a entrare nel giro dei Diavoli Rossi. I migliori belgi-marocchini hanno tutti indossato la maglia della nazionale europea, da Marouane Fellaini a Nacedr Chadli, quest’ultimo anche decisivo ai Mondiali di Russia grazie a un gol nel recupero che permise al Belgio di battere in rimonta il Giappone agli ottavi di finale. Non è dato sapere se El Khanouss diventerà un grande giocatore oppure no. Lui però la sua preferenza l’ha già espressa, dopo anni di selezioni giovanili belghe. Un percorso che ha ricordato quello del suo giocatore di riferimento, Hakim Ziyech, che dopo l’under-20 e l’under-21 olandese scelse il Marocco, anche se nel suo caso lamentò un certa rigidità nei criteri di selezione degli oranje. La decisione di El Khanouss invece è stata tutta sua, una scelta indirizzata verso le proprie radici senza alcun tipo di calcolo. Un ribaltamento di prospettive che ha coinvolto anche Walid Cheddira: nato e cresciuto a Loreto, ha detto subito sì al Marocco senza aspettare l’Italia. “Ho accettato, senza nessun tipo di indugio o di calcolo”, ha raccontato a ilfattoquotidiano.it.