Il governo di Giorgia Meloni raddoppia il suo incentivo all’evasione. Nonostante le polemiche dei giorni scorsi, il limite oltre il quale i commercianti saranno autorizzati a rifiutare i pagamenti elettronici sale dai 30 euro ai 60. Fino a quella cifra, dunque, potremmo essere costretti a pagare in contanti. Una modifica di rilievo se si pensa che, a differenza delle cifre inferiori ai 30 euro, è oggettivamente difficile considerare una transazione da 60 euro come un micropagamento. Evidentemente il nuovo esecutivo a trazione Fdi intende continuare a smantellare, pezzo dopo pezzo, l’obbligo di accettare pagamenti elettronici: non solo per le piccole transazioni, dunque. È evidente, infatti, che questa modifica interessa vari tipi di pagamenti anche di un certo peso. Un esempio? Una corsa in taxi per da Milano all’aeroporto di Linate, che non costa di solito meno di 40 euro: senza questa modifica il tassista sarebbe stato comunque obbligato ad accettare il bancomat. Ora potrà chiedere al cliente di munirsi di contanti. Ma andiamo con ordine.
Il messaggio agli esercenti – Dopo l’esenzione ottenuta dai tabaccai sulle sigarette e le marche da bollo, nei giorni scorsi aveva fatto rumore l’intenzione di voler inserire in legge di bilancio la possibilità per gli esercenti di rifiutare transazioni elettroniche fino a 30 euro. Nell’ultima bozza della legge di bilancio, che sta circolando nel week end, quella soglia – prevista dall’articolo 69 – è raddoppiata fino a 60 euro. Un chiaro regalo a esercenti e professioni, ai quali in questi giorni sono arrivati messaggi inequivocabili, se si pensa che lo stesso articolo della manovra aumenta il tetto all’uso del contante fino a 5mila euro. La bozza della manovra che circola da sabato è datata 25 novembre e non dovrebbe essere ancora quella definitiva. Il ministero dell’Economia ha fatto sapere, tramite fonti informali, che la versione definitiva è ancora in elaborazione. Approderà alla Camera lunedì, poi cominceranno le audizioni delle parti sociali e delle istituzioni. Fino a questo momento non sono arrivati commenti dal mondo dei commercianti, mentre l’Unione nazionale consumatori ha definito come una “vergogna” la mossa del governo.
Il nodo delle sanzioni – Diversa è la questione delle sanzioni. In un primo momento le anticipazioni annunciavano una marcia indietro sulle multe per i negozianti che rifiutano i piccoli pagamenti con il pos. Azione che avrebbe violato un preciso impegno preso con Bruxelles nel Recovery plan, parte del pacchetto di misure grazie al quale l’Italia ha incassato la seconda rata di prestiti e sovvenzioni per un totale di 21 miliardi. Nella bozza della legge di Bilancio, però, si legge come le modifiche intervengano solo sul comma della legge del 2012 che impone l’obbligo di accettare la moneta elettronica. Stabilendo che “non trova applicazione” per gli acquisti sotto i 30 euro – ora sotto i 60 – nelle ipotesi che saranno definite con un decreto Mimit-Mef per “garantire la proporzionalità della sanzione e assicurare l’economicità delle transazioni in rapporto ai costi delle stesse”. In attesa del provvedimento, dunque, le sanzioni si fermano. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it si tratta, probabilmente, di un abile tentativo di aggirare il rischio che la Commissione Ue chieda conto del dietrofront rispetto all’introduzione delle multe, obiettivo raggiunto nel primo semestre 2022 come previsto dal cronoprogramma.
Il precedente del governo Monti – L’obbligo di accettare i pagamenti con il bancomat, quindi tracciabili, risale al decreto Crescita del governo Monti, nel 2012. Nel 2014 la soglia minima venne fissata a 30 euro e l’entrata in vigore rinviata al giugno 2014. La legge di Stabilità per il 2016 aveva ridotto il tetto a 5 euro, introdotto eccezioni per i casi di “oggettiva impossibilità tecnica” e previsto sanzioni di 500 euro per l’esercente che risultasse privo del terminale pos, con il rischio di raddoppio a 1.000 euro seguito addirittura dalla sospensione dell’attività se non si fosse messo in regola. Misure rinviate a un decreto ministeriale mai varato.
Come funzionano le multe – La misura della multa, molto più ridotta, è stata quantificata per la prima volta nel decreto fiscale del 2019: 30 euro più il 4% dell’importo della transazione. Avrebbe dovuto scattare dal luglio 2020, ma sono bastarono pochi mesi perché l’allora maggioranza decidesse di abrogare la norma. Che non è stata rimessa in pista nemmeno quando il piano Cashless del governo Conte ha previsto un credito d’imposta del 30% sulle commissioni addebitate ai commercianti e professionisti e l’azzeramento dei costi per le transazioni sotto i 5 euro sul circuito PagoBancomat per favorire anche la diffusione dei micropagamenti. Adesso esistono altre offerte che prevedono zero commissioni o un rimborso totale sotto una certa cifra. A fine 2021 un emendamento di Lega e Leu al primo decreto Recovery ha provato a rispolverare le multe, ma da gennaio 2023. In aprile il governo Draghi ha deciso di anticipare, considerato anche che l’introduzione delle sanzioni, come detto, era prevista dal Recovery plan tra gli obiettivi da centrare entro fine giugno. A dieci anni di distanza, dunque, il decreto legge del 2012 è stato modificato per sancire la partenza delle multe dallo scorso giugno. L’obbligo riguarda anche le carte prepagate e non c’è alcun limite minimo sotto il quale il negoziante sia giustificato se rifiuta di farsi pagare con carta. Restava però l’esclusione per chi può invocare una “oggettiva impossibilità tecnica”, come l’assenza di rete in alcune località.
“Non c’è limite al peggio e il Governo Meloni lo dimostra, alzando la soglia sul Pos da 30 a 60 euro”, commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Non solo sta dimostrando di stare dalle parte dei commercianti più arretrati e rimasti all’età della pietra invece che dalla parte delle famiglie, ma nel vano tentativo di aggirare gli obiettivi assunti con il PNRR, finisce per fare ancora peggio, non limitandosi a togliere le sanzioni entrate in vigore il 30 giugno 2022, ma anche l’obbligo di accettare i pagamenti digitali fino a 60 euro, facendo arretrare il Paese di ben 10 anni, a prima del decreto del Governo Monti del 18 ottobre 2012, n. 179 che già prevedeva che i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, erano tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito”.