Pioggia di emendamenti in Senato sul cosiddetto decreto-rave, il primo provvedimento del governo Meloni, incardinato in Commissione Giustizia per la conversione in legge. Le proposte di modifica depositate alle 12 di lunedì (il termine fissato dalla presidente Giulia Bongiorno) sono novanta. E 14 arrivano da un esponente di maggioranza, il capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin. Che vuole in particolare rendere più “soft” la norma che identifica mediaticamente il decreto, il nuovo articolo 434-bis del codice penale (“Invasione di terreni per raduni pericolosi”) pensato come risposta al rave di fine ottobre a Modena, che punisce con il carcere da tre a sei anni i responsabili di “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Una fattispecie criticata all’unisono dagli addetti ai lavori perché troppo generica, e quindi suscettibile di essere applicata ben oltre i rave, andando a colpire per esempio le occupazioni studentesche o sindacali.
Per questo Zanettin propone di specificare meglio la norma aggiungendo riferimenti ai “raduni musicali” e allo “spaccio di stupefacenti“. Ma anche di sostituire la definizione di pericolo “per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” con la più stringente “per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica“. E poi di abbassare le pene carcerarie previste: al posto della cornice da tre a sei anni si arriverebbe all’intervallo uno-tre anni (o in alternativa due-quattro anni) in modo da scendere sotto il limite dei cinque anni che rende possibile il ricorso alle intercettazioni. Un altro emendamento alza a cento la soglia numerica dei partecipanti oltre la quale si configura il reato, mentre un ultimo chiede di eliminare il riferimento alla nuova fattispecie tra quelle citate nel codice antimafia, che consentono l’applicazione delle misure di sorveglianza speciale ai semplici indiziati. Mentre la presidente leghista dell’organo, Giulia Bongiorno, ha proposto una modifica alla fattispecie sui rave nella scia di quelle di Zanettin, chiedendo di tipizzare meglio la norma parlando di “raduni o manifestazioni musicali collegati allo spaccio” e di “concreto pericolo per l’ordine pubblico”, ma senza abbassare le pene previste. Un emendamento soppressivo della norma, invece, è stato presentato dal Pd con Anna Rossomando, che dice di voler “abrogare le norme liberticide” perché “ribadiamo che non c’è nessuna toppa che le possa migliorare”.
Il capogruppo di Forza Italia propone inoltre alcune modifiche di dettaglio alla riforma dell’ergastolo ostativo (che vanno nel senso di ampliare la possibilità di concedere i benefici) e due emendamenti “innovativi” rispetto all’oggetto del decreto: uno che vuole abolire il regime ostativo per i reati contro la pubblica amministrazione (tornando indietro rispetto alla legge Spazzacorrotti) e l’altro che vuole impedire ai pm di appellare le sentenze di assoluzione, una vecchia idea di Silvio Berlusconi già dichiarata incostituzionale. Emendamenti sull’ostativo anche da parte del M5s: “Non dovranno uscire dal carcere mafiosi che non abbiano maturato un pieno ravvedimento. È la stessa Corte a dirlo nella sua ordinanza. Per accertare il ravvedimento, è essenziale che i mafiosi che non intendano collaborare ma vogliano accedere ai benefici penitenziari, siano obbligati a spiegare le motivazioni. Questo è un elemento determinante per la delicatissima valutazione che spetta al giudice di Sorveglianza. Naturalmente non potranno essere accettabili motivazioni come la volontà di non comportarsi da “infami” o la paura delle ritorsioni, perché in questi casi è evidente il mancato ravvedimento. Inoltre queste persone dovranno comunicare tutti i beni posseduti o controllati“, spiegano in una nota Roberto Scarpinato, Ada Lopreiato e Anna Bilotti, i senatori pentastellati in Commissione.