I rifornimenti di gas via nave, più costosi, rimpiazzano una parte della riduzione dei flussi tramite gasdotti decisi dal Cremlino e testimoniano le difficoltà dell'Europa a "staccarsi" dalla Russia, quanto meno in tempi brevi
Le importazioni europee via nave di gas liquefatto russo hanno raggiunto un nuovo record. Tra gennaio e ottobre del 2022 sono aumentate del 40% rispetto allo stesso periodo del 2021. Si tratta di quasi 18 miliardi di metri cubi, ai valori attuali carichi che, alle quotazioni odierne, valgono circa 21 miliardi di euro. Solo tra gennaio e settembre sono stati pagati al Cremlino 13 miliardi di euro, il quintuplo dell’anno prima. Questi ultimi sono solo i dati più o meno ufficiali poiché è noto che la Mosca utilizzi anche una flotta di “navi fantasma” non registrate come russe ma che trasportano idrocarburi “ripuliti” provenienti dalla Russia. I rifornimenti di gas via nave, più costosi, rimpiazzano una parte della riduzione dei flussi tramite gasdotti decisi dal Cremlino e testimoniano le difficoltà dell’Europa a “staccarsi” dalla Russia, quanto meno in tempi brevi. Mosca invia le navi verso l’Europa perché i paesi del Vecchio Continente sono disposti, avendone la possibilità, a pagare di più rispetto a stati economicamente meno solidi come Pakistan o Bangladesh alle prese con gravi carenze di idrocarburi.
Al momento l’Ue non contempla nessuna sanzione sul gas russo e i paesi membri faticano a trovare un accordo per un eventuale tetto al prezzo da pagare alla Russia. Diversi paesi, tra cui la Germania, temono che questo provvedimento possa indurre i carichi russi a dirigersi altrove. Il Cremlino ha gradualmente ridotto l’invio di gas alla Germania attraverso i gasdotti Nord Stream 1 e Yamal e minaccia di assottigliare anche quelli via Ucraina. In questo momento, attraverso i gasdotti, arriva circa un quinto del gas che veniva inviato prima dell’inizio della guerra in Ucraina. Come riporta il Financial Times gran parte delle spedizioni russe sono gestite da Yamal Lng, società controllata dalla russa Novatek ma con partecipazioni della francese Total e della cinese Cnp.
Il gnl russo copre il 16% del fabbisogno europeo, davanti al Qatar che rifornisce il 13,7%. Davanti a tutti ci sono però gli Stati Uniti le cui esportazioni verso l’Europa sono aumentate sensibilmente raggiungendo il 42% del totale. Georg Zachmann, ricercatore del centro studi Bruegel interpellato dal quotidiano londinese, sottolinea come questa situazione fornisca un’arma in più a Mosca, quella di essere selettiva nelle forniture privilegiando alcuni paesi rispetto ad altri e minando così l’unità europea. A Bruxelles vengono segnalati però anche forti malumori per l’atteggiamento degli Stati Uniti che stanno incassando ingenti profitti dall’aumento delle forniture all’Europa e a cui viene rinfacciato da fare super guadagni grazie alla guerra.
Oggi Germania e Qatar hanno sottoscritto un accordo decennale di fornitura di 2milioni di tonnellate di gnl l’anno, a partire dal 2026. “Il gas russo sarà completamente rimpiazzato nel 2025”, ha affermato ieri l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. “Abbiamo iniziato immediatamente da febbraio a cercare una diversificazione basandoci su quello che avevamo in portafoglio in Africa, Medio Oriente, Far East e Usa”. “Il problema è stato risolto – ha aggiunto – perché riusciamo a coprire il 50% del gas russo di 21/23 miliardi di metri cubi e nel 2025 il 100% sarà rimpiazzato”. “Il 2023 sarà un anno complesso – ha aggiunto – perché avremo il 6/7% di gas russo e dovremo poter contare sul Gnl che ci arriverà via nave”.