“Quell’area era già stata interessata da fenomeni di calata rapida di fango ed è un’area già riconosciuta ad elevato rischio idrogeologico. Un rapporto dell’Ispra del 2021 certificava che quel territorio era per ben il 60% in aree a rischio idrogeologico elevato e il 30% della popolazione è esposta a questo rischio elevato”. A commentare quanto accaduto a Ischia è il presidente dell’Ordine dei Geologi Arcangelo Francesco Violo.
Sottolineando che lì erano necessari “interventi strutturali“, con “la messa in sicurezza dei versanti” e “ripristinando il sistema di drenaggio”, Violo sottolinea all’Ansa che questi non sono i soli interventi possibili in caso di rischio idrogeologico elevato. Secondo il geologo “c’è tutta un’attività anche di decostruzione e delocalizzazione” che “va fatta in aree di quel tipo”. “Vanno spostati gli edifici costruiti” abusivi e non “che si trovano in aree a rischio molto elevato e per questo bisogna anche avere il coraggio in alcune situazioni di delocalizzare e andare a spostare questi edifici in aree più sicure”, dice.
Il riferimento è anche ai cambiamenti climatici: “Vediamo che questi eventi metereologici estremi si susseguono sempre con maggior frequenza – spiega – c’è qualcosa del clima che sta cambiando, però dall’altro canto va detto che quel territorio è stato urbanizzato in maniera caotica e disordinata con una pianificazione non coerente ma anche con la presenza di abusivismo che ha aggravato l’impatto e i danni che registriamo”.
Un piano per contrastare il dissesto idrogeologico era già stato fatto, spiega ancora. Secondo Italia Sicura, questo il nome del piano del 2014, sarebbero serviti “26 miliardi di euro per tutto il territorio nazionale per assolvere le richieste dei comuni” mentre “dal Pnrr sono previsti 2,9 miliardi per il dissesto idrogeologico”. In totale, infatti, risponde il geologo, oggi ci sono 2 milioni di italiani sottoposti a rischio elevato idrogeologico, che “se sommiamo quelli a rischio frane o alluvioni” arrivano “a 7 milioni”.
“Il problema è così ampio e vasto in Italia che non bastano solo gli interventi strutturali – conclude l’esperto – C’è necessità anche di interventi non strutturali e di avere anche un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici“.