Montecitorio ha approvato la mozione del governo che di fatto affossa l’introduzione del salario minimo. E, oltre ai voti della maggioranza, l’esecutivo ha potuto contare sull’astensione dei 19 deputati di Azione-Italia viva. Un segnale tutt’altro che secondario: seppur non necessari per far passare il testo, i voti sono l’ennesima apertura che arriva da Matteo Renzi e Carlo Calenda. E pensare che, neanche due settimane fa, proprio l’ex eurodeputato lanciava, ai microfoni di La7, un appello alle forze di opposizione per fare insieme il salario minimo a 9 euro. Quindici giorni dopo, il suo partito decide di mostrare aperture alla maggioranza, anche se il contenuto va esattamente contro quanto previsto dal loro stesso programma elettorale. Intanto, dall’opposizione è arrivato quell’asse che lo stesso Calenda aveva invocato: Pd-M5s-Alleanza Verdi e Sinistra hanno votato insieme le rispettive mozioni. Che, anche se bocciate, hanno quindi acquistato maggiore forza. Soprattutto alla luce del fatto che, proprio il nodo salario minimo, era l’ultimo punto su cui si cercava un accordo prima che cadesse il governo Draghi. Ma il leader di Azione, nonostante gli annunci, si conferma interessato a quello che succede a destra e, neanche 24 ore dopo l’incontro con Giorgia Meloni, ha dimostrato di essere pronto ad accodarsi al governo. Azione-Italia viva, al tempo stesso, si è astenuta sulla mozione del Pd e ha votato contro quella del Movimento 5 stelle.
La mozione del governo – Ma cosa dice il testo dell’esecutivo? Il no al salario minimo è messo nero su bianco. Il governo, si legge, dovrà invece “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori attraverso una serie di iniziative, a partire dall’attivazione di percorsi interlocutori tra le parti non coinvolti nella contrattazione collettiva, “per monitorare e comprendere motivi e cause della non applicazione”. La mozione è stata approvata con 163 voti a favore, 121 no (M5s, Pd e AVS) e 19 astenuti (i deputati del Terzo Polo). Respinti i testi delle opposizioni: i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal governo.
In particolare, il testo impegnato impegna il governo “a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con l’introduzione del salario minimo, ma attraverso le seguenti iniziative) attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l’obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione; b) estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, avvalendosi dei dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, alle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale; c) avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, che, soprattutto in certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori, alla luce della frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della «migliore offerta economica»”.
Il governo dovrà quindi “mettere in atto una serie di misure di competenza volte al contrasto dei cosiddetti contratti pirata in favore dell’applicazione più ampia dei contratti collettivi, con particolare riguardo alla contrattazione di secondo livello ed ai cosiddetti contratti di prossimità; favorire l’apertura di un tavolo di confronto che assicuri il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del mondo produttivo sul tema cruciale delle politiche finalizzate alla riduzione del costo del lavoro e all’abbattimento del cuneo fiscale, al fine di rilanciare lo sviluppo economico delle imprese, incrementare l’occupazione e la capacità di acquisto dei lavoratori; porre in essere interventi e azioni volti a liberare risorse da altre voci della spesa pubblica per destinarle al mercato del lavoro e favorire l’occupazione che rappresenta il volano di crescita del nostro Paese, nonché implementare una serie di politiche attive volte a garantire una più veloce collocazione dei giovani nel mondo del lavoro (ad esempio, alternanza scuola lavoro).
L’asse Pd-M5s-Alleanza Verdi Sinistra – Il primo segnale è arrivato dall’ex ministro dem Andrea Orlando: “A noi non interessa mettere bandierine”, ha dichiarato. “Noi votiamo per tutte le mozioni che puntano alla introduzione di un salario minimo”. Parola che poi è stata rispettata anche da Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Per i 5 stelle ha parlato Francesco Silvestri, definendo quella sul salario minimo “una nostra battaglia storica per dare un grande segnale di civiltà al Paese e tutelare milioni di persone. Con questa misura tutte le forze politiche possono dare un forte segnale di ascolto ai bisogni dei cittadini. Per questo ci attendiamo che chi in queste settimane ha manifestato condivisione per questo provvedimento dia seguito alle parole con i fatti e svolga così a pieno il proprio mandato politico. Noi del Movimento 5 Stelle ci siamo e restiamo coerenti con i nostri valori e obiettivi, ci auguriamo che anche altri vogliano seguire questa strada e mettere le necessità dei cittadini al primo posto”. Un segnale che è poi arrivato da dem e Alleanza Verdi Sinistra, ma non da Azione-Italia viva.