Trent’anni di ciclismo professionistico, in sella e sulla strada sin da bambino e sulla via di casa, a 51 anni, Davide Rebellin muore investito da un camion. La Veneto Classic del 16 ottobre scorso era stata la sua ultima corsa da pro, da un decennio rimandava l’addio alle corse, nemmeno la pandemia era riuscita a fermare la sua voglia di pedalare in gruppo, di gareggiare, di essere ciclista.
Il grande ciclista degli anni che era stato tra gli anni 90 e i primi 2000 aveva lasciato il posto al professionista serio, che con la costanza e la passione sfidava il tempo e avversari che potevano essere suoi figli.
Le motivazioni di Davide ad andare avanti, a chiedere ancora di più a sé stesso, potevano essere diverse. La difficoltà dell’atleta ad immaginare un dopo, la voglia di recuperare gli anni persi per la squalifica che gli tolse l’argento olimpico di Pechino 2008 e quella verginità sportiva che nemmeno l’assoluzione, dopo 7 anni, aveva forse fatto dimenticare ai più.
Quattro mesi fa, in luglio, aveva perso il padre Gedeone. Era stato lui, da grande appassionato di ciclismo, a mettere in sella il figlio. Davide aveva raccontato che papà Gedeone guidava una squadra amatoriale, la Rebellin Market, dal nome dell’alimentari che gestiva. “Così a 8 anni ho iniziato a correre e ogni domenica portavo già a casa le prime coppe. Si andava a 30 all’ora ma io volevo sempre stare davanti”.
Lungo la strada regionale 11, nel comune di Montebello Vicentino, è stato travolto da un camion. Una dinamica da ricostruire che purtroppo alimenta il numero dei ciclisti morti sulla strada che non risparmia neppure chi la bici la conosce meglio di chiunque altro.
Davide Rebellin lo ricorderemo tutti soprattutto per quella stagione incredibile, quel tris di vittorie che citiamo tutti a memoria, quasi come una filastrocca: Amstel-Freccia-Liegi. Un signore delle “Classiche”, ero presente quando, quarto nel Mondiale di casa, l’ultimo vinto da un italiano a Varese 2008, festeggiò l’enorme successo di squadra al quale aveva contribuito. Appena dopo ci furono le stagioni più buie, ma nulla a confronto con la notizia di tragedie come questa che colpiscono sempre a freddo perché ci portano via le persone nel momento in cui celebrano la loro passione.
Mentre pedali in solitaria sogni, ti alleni per il prossimo traguardo e silenziosamente fai i conti con te stesso pensando alla strada da percorrere, in sella e no. Le curve della vita però sono sempre cieche e piene di dolore.