“Ci sono problemi sulle aree grigie. Noi rischiamo di bucare le milestone previste dal Pnrr per quanto riguarda le aree grigie”, ha affermato oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti aggiungendo che “bisogna intensificare i rapporti con la Commissione Ue”. Parole che hanno bisogno di una qualche interpretazione. Si sta parlando del piano per portare la connessione internet veloce ad un giga su tutto il territorio nazionale, incluse quindi le cosiddette aree grigie e bianche, dove gli operatori hanno scarso interesse ad investire poiché, con bassa densità abitativa, i ritorni sono pochi. Se realizzato il progetto dovrebbe connettere alla rete veloce altre 7 milioni di case. Il piano vale circa 3,8 miliardi di euro ed è finanziato con risorse attinte dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resistenza che definisce gli impieghi degli oltre 200 miliardi di euro stanziati dall’Unione europea come sostegno all’economia colpita dalla pandemia. La realizzazione è pertanto sottoposta a scadenze e tappe (milestone) che, se non vengono rispettate, bloccano l’erogazione delle risorse.

La scadenza ultima è quella del secondo trimestre del 2026 quando tutte le nuove connessioni dovrebbero essere completate. Ci sono però anche tappe intermedie. La prima è fissata tra giugno e settembre dell’anno prossimo quando dovrebbe essere completato almeno il 20% del progetto. Si passerebbe così alla scadenza successiva, quella del primo trimestre del 2025. Entro questa data l’opera dovrebbe essere realizzata al 60%. Lo scorso gennaio è stato pubblicato il primo bando mentre lo scorso 24 maggio 2022 sono stati assegnati 14 lotti dello stesso bando. Un mese dopo è stato assegnato il 15esimo lotto relativo alla copertura con reti fisse delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il 29 luglio sono stati firmati i contratti per l’avvio dei lavori con le aziende aggiudicatarie ossia Inwit, Open Fiber e Tim. Lo scorso settembre i bandi di Open Fiber (società che fa capo per il 60% a Cassa depositi e prestiti e per il restante 40% fondo statunitense Kkr) sono però andati quasi tutti deserti. Forse troppo stringenti le condizioni contrattuali offerte.

Il sottosegretario Butti ha aggiunto che, “siamo in ritardo, sono state sbagliate delle gare, non è un giudizio politico il mio, ho rilevato semplicemente dei numeri. Ci sono dei problemi seri per quanto riguarda le gare che sono state effettuate, abbiamo dei problemi sulla implementazione del piano. Questo mi sembra chiaro a tutti ed è chiaro anche in Europa”. Sull’erogazione della tranche da parte dell’Europa, aggiunge il sottosegretario, “è stata decisa prima che evidentemente venissero programmati questi interventi e semplicemente perché c’è stata una valutazione, in base a questa valutazione si è pensato di corrispondere una risorsa, non è un caso ad esempio che ci sia stati, secondo me per una mancata programmazione, dei risparmi che io ho intenzione di riutilizzare sulle misure, per cui stiamo già ragionando con la ragionando con la Commissione europea proprio su questo, cioè le risorse che sono stati stanziati intendiamo mantenerle anche se i target saranno altri”.

Butti riversa quindi tutte le responsabilità sul precedente governo e in particolare sul ministero di Vittorio Colao a cui faceva capo il piano. Si capisce però anche come il progetto sia legato all’operazione “rete unica” a cui il governo italiano lavora da tempo ma per ora senza risultato. L’idea sarebbe quella di unire tutta la rete in fibra ottica, attualmente divisa tra Tim e Open Fiber sotto un’unica proprietà. Il progetto messo in pista da Cdp, che è anche azionista al 9,9% di Tim, è stato accantonato oggi definitivamente dal nuovo governo Meloni senza che siano ben chiare le alternative. Un intoppo che rischia di dilatare anche i tempi dell’opera di estensione delle connessioni veloci.

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