Il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti, che ha la delega all'Innovazione, hanno ribadito i ritardi e lanciato l'allarme sul raggiungimento delle prossime milestone mentre gli esperti della Commissione sono a Roma per valutare lo stato di avanzamento del piano. La campagna DatiBeneComune scrive a Meloni e Fitto: "Le informazioni sulla gestione sono ancora molto scarse e inadeguate. Non ci sono dati sui fondi spesi"
Come da attese, il governo Meloni fa i conti con i ritardi accumulati dall’esecutivo precedente nella spesa a valere sui fondi del Recovery plan. E la probabilità di perdere le prossime tranche di sovvenzioni e prestiti aumenta. Il ministro per gli affari europei e il Pnrr Raffaele Fitto mercoledì ha avvertito che anche l’obiettivo di “mettere a terra” poco più di 20 miliardi – contro i 42 previsti dal cronoprogramma iniziale – sarà mancato. “La spesa è stata rivista al ribasso a 33 miliardi e poi a settembre è stata rivista a 21 miliardi. Nei prossimi giorni prenderemo atto di quanto si è speso” ma “temo che la percentuale non sarà molto alta e sarà distante dai 22 miliardi di euro”, ha spiegato. L’annuncio è arrivato mentre la missione di esperti della Commissione Ue è a Roma per valutare lo stato di avanzamento del piano incontrando i tecnici dei ministeri.
La possibilità di rispettare tutte le milestone previste per il 2023 sembra al momento fuori portata: dopo che il titolare dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha ufficializzato la decisione di chiedere alla Ue un rinvio su asili nido e scuole per l’infanzia, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessio Butti, che ha la delega all’Innovazione, ha ribadito quanto detto il 14 novembre: per quanto riguarda gli investimenti nella banda ultralarga “ci sono problemi sulle aree grigie. Noi rischiamo di bucare le milestone” del Piano Italia a 1 giga. Questo per colpa “di quanto fatto in precedenza”. Tradotto: la colpa è di chi è stato a Palazzo Chigi e al ministero della Transizione digitale fino a settembre. Anche sul 5g, spiega Butti, “siamo in ritardo, sono state sbagliate delle gare. Non è un giudizio politico il mio, ho rilevato semplicemente dei numeri. Questo mi sembra chiaro a tutti ed è chiaro anche in Europa”.
Sul fronte degli investimenti, oltre alle lentezze burocratiche e a una pubblica amministrazione che non è stata messa in grado di gestire la mole di lavoro legata ai bandi c’è ovviamente il problema dei rincari di materie prime e servizi. Che ha reso obsolete le basi d’asta di molte gare, facendole andare deserte. Dopo gli 8,8 miliardi messi sul piatto dal governo precedente, nella legge di Bilancio per il 2023 è stato previsto un incremento del 10% dei fondi assegnati agli enti locali per fronteggiare gli aumenti. Basterà? Secondo lo stesso Fitto no: “L’indicatore della spesa è molto preoccupante, perché se mettiamo insieme tutte le risorse disponibili e le proiettiamo al 2026 è chiaro che c’è bisogno di un confronto a livello europeo e nazionale”. Ci sarebbe dunque la necessità di rinegoziare le prossime scadenze. Questo perché gli obiettivi che la Commissione ha valutato finora sono qualitativi – disegni di legge, decreti attuativi e regolamenti da approvare, relazioni da scrivere, bandi da aggiudicare – ma dall’anno prossimo scatterà il controllo sul rispetto dei target quantitativi. Ovvero l’effettivo utilizzo delle risorse.
Ma almeno i 55 traguardi al 31 dicembre saranno centrati? “Tutti ci impegniamo a raggiungerli perché c’è una rata e altrimenti abbiamo un problema”, ha detto Fitto. Di certezze non ce ne sono. E’ in dubbio per esempio l’obiettivo dei nuovi posti letto per studenti negli alloggi universitari. E resta un punto di domanda sulle eventuali contestazioni della Commissione riguardo all’introduzione in manovra di una soglia di 60 euro sotto la quale accettare i pagamenti con carta non sarà più obbligatorio, visto che il potenziamento della tracciabilità delle transazioni è una delle raccomandazioni–Paese che il Pnrr deve contribuire a rispettare e l’introduzione di sanzioni in caso di rifiuto era un esplicito obiettivo da raggiungere entro il primo semestre 2022.
Intanto, le associazioni della società civile – da OpenPolis ad ActionAid, Cittadinanzattiva e Transparency International Italia – unite nella campagna DatiBeneComune hanno inviato una lettera aperta alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a Fitto denunciando che “nonostante le continue promesse da parte di Governo e Parlamento, le informazioni sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e sulla sua gestione sono ancora molto scarse e inadeguate. Per cittadini e cittadine, associazioni, gruppi, movimenti, università, centri di ricerca non è ancora possibile seguire un progetto e il suo impatto sul territorio e sulle persone. La legge di bilancio per il 2021 impegnava il Governo a rilevare i dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale relativi a ciascun progetto del PNRR e a renderli disponibili in formato elaborabile, ma di tutto questo ancora ci sono pochissime evidenze”. Di qui la richiesta di “un impegno concreto per la pubblicazione completa, tempestiva e in formato aperto dei dati relativi ai progetti del Pnrr; l’obbligo di pubblicazione delle schede progetto per enti e istituzioni (sull’esempio della Banca dati nazionale dei Contratti pubblici o dell’Anagrafe Nazionale delle Opere Incompiute); la pubblicazione di un resoconto trimestrale sul piano, con bandi e avvisi, milestone e target, stato di approvazione e di avanzamento (sull’esempio dei dati reperibili sul portale OpenCoesione); l’informazione puntuale sugli indicatori di monitoraggio relativi alle tre priorità trasversali: riduzione dei divari di genere, generazionali e territoriali”. Oggi sul portale nazionale ItaliaDomani “non sono reperibili dati né informazioni sui fondi effettivamente spesi, che permettano di avere contezza sui progetti e sul loro stato di avanzamento”.